L’anosmia è un termine che fino a qualche anno fa solo gli esperti conoscevano. La perdita del senso dell’olfatto è uno dei sintomi più caratteristici del COVID-19 o SARS-Cov-2. Tuttavia questo sintomo risulta ora meno caratteristico con le nuove varianti Omicron.
A due anni dall’inizio della pandemia che ha colpito l’intero pianeta, la nota rivista CELL, che si occupa di biologia per la pubblicazione di articoli scientifici, ha finalmente fatto un po’ di chiarezza sulle cause di questo fastidioso sintomo.
La pubblicazione rivela cosa succede realmente all’interno delle nostre cavità nasali quando contraiamo il COVID-19. Il virus infatti, non attacca in modo significativo il sistema nervoso che controlla le attività olfattive, come dichiarato dalla co-prima autrice, la dott.sa Marianna Zazhytska.
Zazhytska ha evidenziato il seguente concetto: “In qualche modo, le infezioni da SARS-CoV-2 possono causare anosmia anche se sappiamo che il virus entra solo in una percentuale molto piccola dei neuroni sensoriali olfattivi, questo indica che c’è un altro modo in cui il virus colpisce l’olfatto“.
Nonostante il virus non attacchi direttamente il sistema neurologico olfattivo, ha comunque un effetto su di esso. La SARS-CoV-2 attacca ed infetta soltanto una piccola percentuale delle cellule del nostro corpo, minori all’1%.
Reazione immunitaria inibirebbe l’olfatto
Gli autori dello studio, pubblicato recentemente, indicano che la reazione immunitaria del nostro organismo porterebbe all’alterazione dell’espressione genetica dei neuroni sensoriali. Tutto ciò in risposta ad un’infiammazione delle cellule di supporto.
Questa alterazione, influendo sui riarrangiamenti cromosomici, interromperebbe così la produzione di recettori olfattivi. Quindi, in mancanza di suddette proteine che rilevano le molecole dell’odore, fino al 75% dei soggetti che contraggono il COViD-19 sperimentano la perdita dell’olfatto.
Fortunatamente la perdita è solo temporanea, quando l’infezione non è più presente il sistema neurologico è in grado di riprendersi. In alcuni casi tutto questo può richiedere anche mesi, nel migliore dei casi qualche settimana.