Il 31 Dicembre 2019 iniziò tutto! Le autorità cinesi in quel giorno riferivano all’Organizzazione Mondiale della Sanità, di numerosi casi di una polmonite anomala, definita così perché non presentava un decorso regolare, anzi sviluppava inspiegabili complicanze.
Sembrava un fenomeno isolato, in una piccola città della Cina centrale, in realtà segnerà l’inizio di un effetto domino che colpirà tutte le Nazioni del mondo. La sindrome respiratoria acuta grave coronavirus-2 (SARS-CoV-2) è il nome dato al nuovo coronavirus del 2019.
Si tratta di un ceppo di coronavirus precedentemente non identificato nell’uomo. Da allora, nonostante la creazione e la somministrazione di vaccini, si sviluppano delle varianti via via più contagiose e capaci di
Omicron
La variante Omicron è caratterizzata da un’alta contagiosità. Studi recenti hanno dimostrato che né gli anticorpi naturali, ossia quelli sviluppati dopo aver contratto l’infezione, né quelli prodotti dal vaccino possono impedire al virus di entrare nella cellula umana.
Il dottor Anthony Fauci, consigliere per il coronavirus del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, ha ipotizzato che mentre il virus può essere più contagioso, i casi della malattia che provoca risultano essere molto più lievi.
Differenza tra guarigione e vaccinazione
Prima dell’arrivo dell’Omicron la scienza dichiarava che le persone contagiate dall’infezione, acquisivano immunità naturale che li proteggeva dai 4 ai 6 mesi, dopo iniziava a perdere efficacia. Alcuni studi tuttavia, con esiti diversi, non hanno sciolto i dubbi.
Un primo studio, prodotto dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti, condotto su pazienti ospedalizzati, ha dimostrato che adulti non vaccinati positivi avevano 5 volte più probabilità di riprendere l’infezione rispetto ad adulti vaccinati precedentemente non infettati.
Ad altro risultato conduce un altro studio israeliano. Esso sostiene che persone vaccinate con BioNTech-Pfizer e non precedentemente risultate positive avevano 13 volte più possibilità di contrarre la variante delta rispetto a persone infettate e non vaccinate.
Questo perché esistono tante variabili da considerare: il tipo di vaccino utilizzato, la variante, la forza del nostro sistema immunitario e l’età del paziente. Non devono quindi sorprendere i risultati differenti fra i vari studi.
Come reagisce il nostro organismo al virus?
Uno studio pubblicato sulla rivista “Science” spiega bene la reazione. Quando il nostro corpo viene in contatto con un agente esterno potenzialmente dannoso produce una reazione immunitaria in due fasi. La prima fase è quella aspecifica, presente dalla nascita e non dipendente da incontri pregressi.
La seconda fase, quella specifica, è diretta in maniera precisa contro quel determinato agente esterno. Quest’ultima è essenzialmente mediata da due tipi di cellule: i linfociti B e i linfociti T. I primi sono i responsabili della produzione di anticorpi, i secondi della risposta cellulare al virus.
Immunità ibrida o super
Cosa succede quando una persona guarita dal covid si vaccina? Quando l’immunità naturale generata dalla SARS-CoV-2 è combinata con l’immunità provocata dal vaccino, si verifica una risposta immunitaria più ampia del previsto.
Lo stesso discorso vale per le persone che hanno ricevuto diversi tipi di vaccini, la cosiddetta vaccinazione eterologa. Tuttavia occorre sottolineare che in questi studi non viene considerata la variante Omicron.
Il Dottor Schulze zur Wiesch, capo dipartimento di malattie infettive presso l’University Medical Center Hamburg-Eppendorf, afferma che: ” a meno che tu non sia stato infettato da omicron nelle ultime settimane, un vaccino o un richiamo è la tua migliore possibilità per evitare l’infezione”.