Dall’America arriva un rivoluzionario studio condotto alla University of Washington School of Medicine dal dottor Arun Sridhar e dalla dottoressa Christine Johnson.
Si tratta di uno studio iniziato nella primavera del 2020 con 218 pazienti affetti da COVID-19 che sono stati scelti in cinque sistemi sanitari statunitensi per sperimentare se i farmaci come idrossiclorochina e azitromicina potessero accelerare il recupero dal virus SARS-CoV-2.
I pazienti hanno iniziato la sperimentazione curandosi da soli a casa tramite telefono, e-mail, o con il consenso confermato tramite videoconferenza.
Ai partecipanti è stato fornito un kit con 16 giorni di scorta con cui eseguire i tamponi nasali e rilevare i parametri vitali come la temperatura e il livello di ossigeno presente nel sangue.
Inoltre, è stato fornito un dispositivo palmare di monitoraggio del ritmo per trasmettere ECG digitali al team di ricerca, tutto in tempo reale.
Tutti i partecipanti sono stati ovviamente istruiti sull’utilizzo del dispositivo e su come scaricare l’app sul proprio cellulare. In questo modo, potevano trasmettere un ECG ai medici ogni giorno.
Lo studio si è però rivelato una scoperta per il monitoraggio a distanza. Ci sono infatti molti farmaci, come quelli per l’aritmia cardiaca e per il cancro, che richiedono ai malati di monitorare attentamente i propri ritmi cardiaci. Nella maggior parte dei casi, i pazienti vengono ricoverati in ospedale per i primi tre giorni per sottoporsi a due ECG al giorno prima che il farmaco sia ritenuto abbastanza sicuro da poter essere portato a casa.
Con questa soluzione, il monitoraggio da remoto potrebbe creare un enorme risparmio a livello di costi per i sistemi sanitari e un enorme risparmio di tempo per i pazienti, che potrebbero eseguire questi esami da casa.
Da questo primo studio è emerso che l’85% dei partecipanti ha seguito correttamente il protocollo per inviare un ECG al giorno nei primi 14 giorni, il che suggerisce che l’automonitoraggio remoto per l’aritmia cardiaca è possibile.
Esistono ovviamente dei limiti, i due limiti emersi della ricerca riguardano la mancanza di alfabetizzazione digitale tra i partecipanti più anziani e la scarsa comunicazione con i partecipanti non di lingua inglese. Due problematiche importanti ma allo stesso tempo risolvibili tramite un’istruzione più paziente e dettagliata.
In conclusione, lo studio, che è stato finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation, propone un modello in cui l’aritmia cardiaca venga monitorata in modo sicuro ed efficace senza che i partecipanti mettano mai piede in un ospedale o in una clinica, riducendo anche il rischio di contrarre il Covid19.
I risultati riportati sulla rivista Communications Medicine questo dicembre 2021 suggeriscono anche che questo modello “a distanza” possa espandere la ricerca clinica a popolazioni più ampie e ridurre notevolmente il carico di tempo, viaggi e costi dei partecipanti.