Tra martedì 12 e mercoledì 13 ottobre si è verificata una tempesta magnetica nell’emisfero nord del Pianeta.
Le tempeste geomagnetiche sono scatenate da nubi di radiazioni che provengono dal sole in seguito a un brillamento, cioè allo scoppio e conseguente rilascio di energia. Solitamente non sono visibili ad occhio nudo perché di bassa intensità ma la tempesta geomagnetica che ha colpito nei giorni scorsi il nostro Pianeta si è fatta vedere e sentire.
Non solo l’Aurora Boreale è stata molto più intensa, ma è risultata visibile in zone insolite: oltre alle coste della Scozia e dell’Irlanda, il fenomeno luminoso è stato registrato anche nel Canada e sono giunte alcune testimonianze persino dai grattacieli di New York.
Oltre all’Aurora Boreale, tra lunedì e martedì si sono verificate anche delle fluttuazioni di corrente elettrica che hanno fatto saltare molti allarmi e in alcuni casi hanno danneggiato i trasformatori di energia.
Inoltre, si sono registrate delle interferenze alle connessioni con i satelliti e al materiale spaziale. Alcuni elementi in orbita, infatti, hanno leggermente modificato la loro posizione e nei prossimi giorni si dovranno ricalibrare e riposizionare.
Ogni tempesta geomagnetica viene accuratamente controllata dagli studiosi, che ne decretano l’intensità attraverso una scala. La classe G5 è quella più pericolosa ma anche la più rara e le tempeste di questo tipo avvengono ogni 11 anni circa.
Questo tipo di tempeste può creare gravi danni all’atmosfera e, nei casi più estremi, portare alla scissione delle molecole d’acqua. Sono tempeste che si scatenano in seguito a tempeste solari molto potenti come quelle che avvengono su Proxima Centauri, la stella più vicina al nostro sistema solare.
Quella riscontrata nei giorni scorsi, invece, è di classe G2. Non provoca gravi danni alla Terra e ne possono avvenire circa 600 ogni 11 anni. Fortunatamente il nostro astro non è nelle condizioni di scatenare tempeste che superino la classe G2 quindi da questo punto di vista possiamo stare assolutamente tranquilli.