Gli anni passano inesorabili per tutti e, come molti poeti e filosofi hanno sempre argomentato, la giovinezza degli uomini è caduca, soggetta allo scorrere del tempo. Gli artisti hanno cercato di rendere la vita eterna nelle loro opere, sfruttando dell’arte quello che Foscolo definiva valore eternatore. Insomma, nonostante l’odiata senescenza sia un dato di fatto ineluttabile, l’essere umano ha sempre cercato di porre un freno a questo “decadimento” (o almeno di rallentarlo), utilizzando creme, unguenti e formule magiche. Al giorno d’oggi, è la scienza che cerca un modo per fermare l’invecchiamento e in questo articolo sarà spiegato come.
Uno degli esperimenti più strani condotti finora è stato realizzato da due sedicenti “biohacker” russi, i quali hanno “sostituito”, tramite macchine di raccolta del sangue, circa la metà del plasma presente nel loro corpo con semplice acqua salata. Dopo tre giorni, i test effettuati sul sangue “rimanente” hanno rivelato come i valori di ormoni, grassi e altri indicatori fossero quelli di un individuo in buone condizioni di salute, oltre a riscontrare un miglioramento del sistema immunitario, della funzione epatica e della metabolizzazione del colesterolo.
Questo processo, chiamato “diluizione del plasma” è solo l’ennesima prova di una tendenza a considerare il sangue giovane una fonte di “eternità” in vena. Ad esempio, nell’antica Roma i cittadini benestanti usavano bere il sangue dei Gladiatori, simbolo di potenza e virilità; inoltre è proprio da questa concezione che sono nati molti miti greci, ma anche la figura folkloristica del vampiro, ripreso in grandi opere (letterarie e non) come il Dracula di Bram Stoker.
Negli ultimi decenni, con lo sviluppo delle biotecnologie e della medicina, queste credenze, che vedevano il sangue come “elisir di lunga vita”, sono diventate la base per esperimenti scientifici che, ad esempio, hanno dimostrato le proprietà rigeneranti del sangue “giovane” in topi “anziani”.
Sono state create su queste premesse diverse start-up nel campo della biomedica, tese a combattere malattie degenerative del nostro organismo come l’Alzheimer, il Parkison o l’ictus.
Le strade provate dagli studiosi sono diverse: alcune aziende ricercano gli effetti della somministrazione di piccole quantità di plasma giovanile nel sangue “vecchio”, altre ricercano di produrre in laboratorio alcune delle proteine contenute nel cosiddetto “oro giallo” del sangue umano (da somministrare in seguito ovviamente); un altro capannello di studiosi ricerca invece quali sono le particolarità del sangue dei “super agers” (persone anche molto anziane che però non hanno subito ingenti danni fisici e cognitivi), ovvero quali elementi potrebbero costituire il segreto della loro “longevità”, per replicarli poi in un farmaco ad esempio.
Le ricerche sono ancora nel loro stadio iniziale, quasi paragonabile a quello dei “neonati”, con test fatti (per ovvie ragioni) ancora in larga parte sui topi e non sulle persone, motivo per il quale è difficile capire se avremmo risposte positive anche in caso di somministrazione sull’uomo.
Eppure, le prime ricerche di questo tipo risalgono a 60 anni fa, grazie agli studiosi della Cornell University, seguiti poi dall’Università della California nel ’72 e poco dopo dalla “vicina” Stanford. Riusciranno mai gli scienziati nel loro intento? Per dirla con Manzoni: “ai posteri l’ardua sentenza”.