Un’analisi innovativa sulla demenza precoce
Nel Dicembre 2023, un gruppo di scienziati guidato dall’epidemiologo David Llewellyn dell’Università di Exeter ha pubblicato su JAMA Neurology un’ampia ricerca che ha cambiato radicalmente il modo in cui intendiamo la demenza a esordio precoce (YOD). Per la prima volta, invece di concentrarsi soltanto sulle componenti genetiche, gli studiosi hanno individuato 15 fattori di rischio modificabili che potrebbero influenzare l’insorgenza della malattia.
L’analisi ha preso in esame i dati sanitari di 356.052 individui sotto i 65 anni, raccolti nel Regno Unito, rivelando come stili di vita e condizioni di salute influiscano significativamente sul rischio di sviluppare YOD.
I principali fattori di rischio individuati
Tra i fattori che sono emersi più chiaramente, spiccano il basso status socioeconomico, l’isolamento sociale, la perdita dell’udito, ictus, diabete, malattie cardiache e depressione. A questi si aggiungono anomalie biologiche come la carenza di vitamina D e alti livelli di proteina C-reattiva, marker tipico di infiammazioni sistemiche.
Dal punto di vista genetico, la presenza di due varianti ε4 del gene ApoE4 è risultata fortemente correlata a un aumento del rischio, confermando quanto già sospettato da precedenti ricerche su Alzheimer.
Il complesso rapporto tra alcol e rischio di demenza
Uno degli aspetti più sorprendenti emersi è stata la relazione non lineare tra consumo di alcol e rischio di YOD. Mentre l’abuso di alcol aumenta significativamente il rischio, un consumo moderato o elevato pare invece associarsi a un rischio ridotto. Gli studiosi ipotizzano che ciò sia dovuto al fatto che chi beve moderatamente gode generalmente di una salute complessiva migliore, mentre chi si astiene potrebbe farlo per condizioni di salute preesistenti.
Protezione attraverso istruzione e forza fisica
Il team ha inoltre osservato che livelli più alti di istruzione formale e una maggiore forza della presa della mano — parametro utilizzato per valutare la fragilità fisica — si associano a una minore incidenza della malattia. Questi risultati suggeriscono che il benessere mentale e fisico può giocare un ruolo di protezione significativo contro la demenza precoce.
Secondo il neuroepidemiologo Sebastian Köhler dell’Università di Maastricht, anche lo stress cronico, la solitudine e la depressione risultano cruciali nella prevenzione.
Un nuovo orizzonte nella lotta alla demenza
Sebbene i dati raccolti non dimostrino una relazione causale diretta, questo studio fornisce un quadro molto più chiaro delle variabili che potrebbero essere manipolate per ridurre il rischio di demenza precoce. Stevie Hendriks, neuroscienziato sempre dell’Università di Maastricht, ha evidenziato quanto sia urgente approfondire questi fattori, considerando che la demenza precoce colpisce individui nel pieno della loro vita lavorativa e familiare.
La speranza che emerge da questa nuova ricerca è quella di poter intervenire prima, migliorando la qualità della vita e riducendo l’incidenza di una delle condizioni più devastanti del nostro tempo.