Quando la vita quotidiana perde equilibrio, il corpo ne paga il prezzo
L’aumento di peso corporeo non sarebbe soltanto il risultato di un bilancio calorico positivo, come suggerisce la teoria tradizionale, ma potrebbe essere profondamente influenzato da fattori ambientali, emotivi e sociali che causano interruzioni improvvise e ripetute nella nostra routine quotidiana. È quanto emerge da un’analisi pubblicata da un gruppo di ricercatori dell’Università di Loughborough, che mette in discussione il paradigma classico secondo cui ingrassiamo gradualmente nel tempo mangiando troppo e muovendoci poco.
Secondo gli autori, “l’instabilità dello stile di vita” rappresenterebbe un potenziale fattore di rischio sottovalutato per l’obesità, con implicazioni cruciali per la salute pubblica e per l’efficacia delle strategie di prevenzione. Tra le cause scatenanti più comuni figurano eventi spesso imprevedibili come infortuni, vacanze, festività, lutti, rotture sentimentali, ma anche aspetti più ordinari e ricorrenti come malattie, esami universitari, turni di lavoro irregolari o la nascita di un figlio.
Aumenti di peso rapidi e intermittenti, non costanti
A differenza di quanto ipotizzato in passato, i dati provenienti da tecnologie di monitoraggio continuo come il Fitbit mostrano che l’accumulo di grasso corporeo non è lineare, bensì avviene in momenti specifici e in risposta a eventi critici. Anche brevi periodi di cattiva alimentazione, come solo cinque giorni di junk food, possono attivare processi obesogenici nel corpo, aumentando rapidamente il tessuto adiposo.
Uno dei meccanismi fisiologici più discussi è quello del cortisolo, l’ormone dello stress. Quando il corpo è sottoposto a tensioni croniche o acute, il cortisolo aumenta, sopprimendo funzioni come il metabolismo e inducendo un forte desiderio di cibi ad alto contenuto di zuccheri. Questo processo, utile nei contesti primitivi per la sopravvivenza immediata, oggi favorisce l’accumulo di grasso viscerale, soprattutto in situazioni di stress persistente come difficoltà economiche o insicurezza lavorativa.
Verso un nuovo approccio alla prevenzione dell’obesità
Alla luce di queste evidenze, i ricercatori suggeriscono che gli interventi preventivi non dovrebbero più concentrarsi solo sull’equilibrio tra calorie ingerite e consumate, ma sull’identificazione e la gestione delle fasi di instabilità della vita quotidiana. Le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, potrebbero diventare strumenti preziosi per anticipare o gestire queste “fasi critiche”, adattando in tempo reale i comportamenti alimentari e motori degli individui.
Secondo gli autori, se davvero l’aumento di grasso corporeo avviene per “scatti” e non in modo continuo, allora anche gli interventi terapeutici o preventivi potrebbero essere brevi e mirati, riducendo la necessità di cambiamenti costanti nel lungo periodo. Il focus, quindi, si sposta dalla perdita di peso alla stabilizzazione dello stile di vita, incoraggiando una gestione più flessibile, individuale e contestuale del benessere psicofisico.
Nature Reviews Endocrinology e The Lancet Diabetes & Endocrinology hanno già evidenziato l’importanza di approcci multifattoriali alla gestione del peso corporeo, che prendano in considerazione anche fattori sociali, psicologici e ambientali. Questa nuova prospettiva si inserisce in tale cornice, offrendo una visione dinamica e realistica del rapporto tra essere umano e metabolismo.