L’inquinamento orbitale aumenta: oltre 45.000 oggetti spaziali in orbita
Nel corso del 2024, la quantità di rifiuti spaziali in orbita terrestre ha raggiunto un livello senza precedenti. Secondo l’ultimo Space Environment Report pubblicato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) il 1° Aprile, attualmente oltre 45.700 frammenti superiori a 10 centimetri circondano il nostro pianeta. Di questi, ben 1.200 oggetti “intatti” — tra vecchi satelliti e corpi di razzi — sono rientrati nell’atmosfera nei primi mesi dell’anno, con una media di tre rientri al giorno.
Questi rientri rappresentano solo una frazione del problema. I satelliti dismessi, le collisioni orbitali e le esplosioni in orbita hanno generato oltre 3.000 nuovi frammenti tracciabili solo nel 2024. La costellazione di satelliti in attività si avvicina a 9.300 veicoli, un numero destinato a salire a causa dei progetti in espansione di SpaceX, Amazon e Cina.
Il boom delle megacostellazioni e i rischi per l’atmosfera
Secondo l’astrofisico Jonathan McDowell, tra i principali osservatori del traffico orbitale, il 4 Aprile sono rientrati due satelliti Starlink e il satellite spia Kosmos 1340, un dispositivo russo lanciato oltre 40 anni fa. McDowell sottolinea che i satelliti Starlink costituiscono la maggior parte degli oggetti che cadono oggi sulla Terra. Se i piani di SpaceX per portare la rete Starlink a 30.000 satelliti verranno attuati, potremmo assistere a 15 rientri al giorno nei prossimi anni.
Amazon sta per iniziare il lancio della sua costellazione Kuiper, mentre nuove megacostellazioni cinesi sono già in fase di sviluppo. Considerando che gli operatori tendono a sostituire i satelliti ogni cinque anni, l’incremento dei rientri è inevitabile.
I satelliti bruciano in atmosfera: allarme per l’ozono
Il materiale più utilizzato nella costruzione dei satelliti è l’alluminio, che durante la combustione nell’alta atmosfera forma ossido di alluminio, un composto noto per contribuire alla distruzione dell’ozono e all’alterazione delle dinamiche termiche atmosferiche.
La professoressa Ingrid Cnossen, esperta di chimica atmosferica presso lo University College London, ha descritto il tasso attuale di rientri come “allarmante” e ha definito la situazione “un territorio inesplorato”. Secondo la scienziata, l’aumento di ossidi metallici, ossidi di azoto e altre sostanze inquinanti ha già un impatto misurabile sull’alta atmosfera. Il suo team sta lavorando alla creazione di un inventario delle emissioni provocate dai rientri orbitali e dai lanci.
I rischi sulla Terra: tra proiettili spaziali e frammenti bruciati
Oltre ai rischi ambientali, esistono timori crescenti per la sicurezza umana e infrastrutturale. Anche se la maggior parte dei satelliti brucia completamente durante il rientro, non tutti i detriti si disintegrano. Il satellite Kosmos 1340, ad esempio, con un peso di 2,5 tonnellate, potrebbe aver disperso frammenti sul suolo terrestre.
Nel Febbraio 2024, resti carbonizzati di un razzo Falcon 9 di SpaceX sono stati trovati tra Polonia e Ucraina. A Marzo 2024, una scheggia metallica di 10 centimetri ha perforato il tetto di un’abitazione in Florida, proveniente da un pallet di batterie espulso dalla Stazione Spaziale Internazionale tre anni prima.
McDowell ha affermato: “Stiamo tirando i dadi ogni volta che c’è un rientro. Prima o poi saremo sfortunati.”
Numeri inquietanti: 130 milioni di frammenti fluttuano nello spazio
Secondo i dati ESA, oltre agli oggetti di grandi dimensioni monitorati da radar e telescopi, orbitano circa 1,1 milioni di frammenti di dimensioni comprese tra 1 e 10 centimetri, e 130 milioni di microdetriti inferiori a un centimetro. In alcune zone della LEO (orbita terrestre bassa), il numero di satelliti attivi si avvicina ormai a quello dei detriti orbitali, aumentando il rischio di collisioni e frammentazione secondaria.
Il rapporto ribadisce che, anche rimuovendo il 90% dei satelliti dismessi, il problema del sovraffollamento spaziale continuerà a peggiorare.