Hitler non si suicidò? L’enigma della fuga secondo la CIA
Adolf Hitler non si sarebbe suicidato nel bunker di Berlino nel 1945, ma avrebbe inscenato la propria morte per poi rifugiarsi in Sud America, in particolare in Argentina. Questa ipotesi, a lungo bollata come fantasiosa dalla storiografia ufficiale, è tornata sotto i riflettori grazie alla desecretazione di documenti della CIA e di nuovi fascicoli pubblicati nel 2020 e nel 2025 da parte del governo argentino.
Secondo questi rapporti dell’intelligence americana, le indagini sulla possibile fuga del Führer durarono più di un decennio, sostenute da testimonianze, fotografie e movimenti sospetti che collegavano l’ex dittatore a località argentine con una forte presenza tedesca post-bellica.
L’hotel di La Falda: un rifugio con simpatie naziste
Uno dei luoghi chiave menzionati nei fascicoli è il Gran Hotel Viena di La Falda, fondato negli anni Trenta da Walter e Ida Eichhorn, ferventi sostenitori del nazismo. I due erano in contatto diretto con Joseph Goebbels e, secondo alcune fonti raccolte dalla CIA, avrebbero ospitato personalmente Hitler nei mesi finali del conflitto.
L’albergo, immerso nelle Sierras de Córdoba, fu successivamente sospettato di aver offerto protezione a diversi gerarchi nazisti fuggiti in Argentina. I dossier parlano apertamente di un legame tra la rete di ex nazisti in America Latina e l’eventuale arrivo del Führer.
Il caso Schrittelmayor: Hitler immortalato in Colombia?
Nel 1955, un altro episodio alimentò le indagini. Un agente segreto della CIA ricevette una fotografia scattata a Tunja, in Colombia, che ritraeva un uomo anziano di nome Adolf Schrittelmayor, in compagnia di Philip Citroën, presunto ex ufficiale delle SS. Secondo le rivelazioni dell’informatore CIMELODY-3, Citroën era convinto che quell’uomo fosse proprio Adolf Hitler e che non potesse più essere perseguito a dieci anni dalla fine della guerra.
La CIA, pur mantenendo una posizione cauta, attivò verifiche aggiuntive e si avvalse di un secondo informatore, noto come GIRELLA, per analizzare l’attendibilità del materiale. La foto non fu mai confermata come autentica, ma l’agenzia non archiviò mai completamente il caso.
Operazione Paperclip e ombre sulla verità storica
A rendere meno surreale l’ipotesi di una fuga in Sud America è il precedente dell’Operazione Paperclip, con cui oltre 1.600 scienziati tedeschi, tra cui Wernher von Braun, furono trasferiti negli Stati Uniti dopo la guerra per lavorare al programma spaziale. Questo dimostra come accordi segreti e trattative sotterranee con esponenti del Terzo Reich non fossero un’eccezione.
La CIA stessa, nei documenti desecretati, ammette che molti agenti ritennero plausibile l’ipotesi della fuga, pur senza giungere a una prova definitiva.
Buenos Aires e la svolta del 2025: Milei apre gli archivi
Nel Marzo 2025, il presidente Javier Milei ha sorpreso il mondo annunciando la desecretazione di documenti governativi relativi alla presenza nazista in Argentina tra il 1945 e il 1950. I primi dettagli trapelati parlano di movimenti anomali di cittadini tedeschi nelle zone già citate dai rapporti CIA, inclusi Córdoba, Bariloche e La Falda.
La decisione di Milei rappresenta una svolta epocale per le ricerche storiche: le autorità argentine hanno confermato l’esistenza di fascicoli che potrebbero contenere elementi chiave sul destino di Hitler.
Il mondo accademico attende una conferma storica
La comunità degli storici internazionali guarda con attenzione alle nuove rivelazioni. In molti sperano che, tra le centinaia di documenti desecretati, si possa finalmente chiarire uno dei misteri più discussi del XX secolo. L’idea che Hitler sia morto lontano da Berlino, forse sotto falso nome, non è più un tabù, ma una pista investigativa ancora aperta.
In attesa di conferme, il mondo guarda a Buenos Aires, dove il passato potrebbe ancora riscrivere la storia.