Un’isola scozzese trasformata in museo naturale del Giurassico
Oggi è una delle mete più affascinanti della Scozia per chi ama la natura e i paesaggi selvaggi. Ma l’isola di Skye, durante il Medio Giurassico, era molto più di una semplice meraviglia geologica: era un vero e proprio crocevia di dinosauri. Una nuova scoperta paleontologica ha portato alla luce oltre 130 impronte fossili, rivelando che in quest’area si muovevano liberamente sia teropodi carnivori che sauropodi erbivori, lasciando tracce indelebili nella sabbia di una laguna subtropicale.
Tracce impresse nella sabbia: i protagonisti del Medio Giurassico
Le impronte, perfettamente conservate, sono emerse nella zona di Prince Charles’s Point, sulla penisola di Trotternish. Le tracce tridattili appartengono a teropodi bipedi – probabilmente megalosauri, noti predatori del Giurassico – mentre le impronte tondeggianti e massicce sono attribuite a sauropodi, dinosauri dal lungo collo e dal corpo imponente.
Il dettaglio interessante? La disposizione casuale delle impronte e la distanza tra esse suggeriscono che questi animali non erano in fuga né a caccia, ma semplicemente intenti in una tranquilla passeggiata. Una scena quasi quotidiana, impressa per sempre nella roccia.
Un’epoca complessa ma ricca di biodiversità
Il periodo in cui queste impronte furono lasciate, circa 170-166 milioni di anni fa, non era tra i più ospitali per la fossilizzazione. L’ambiente del Medio Giurassico era segnato da vulcanismo diffuso, attività tettonica e dalla frammentazione di Pangea, il supercontinente allora dominante. A ciò si aggiungevano alti livelli di CO₂, temperature elevate e mari in espansione che coprivano vaste porzioni di terra.
Eppure, proprio in questo scenario complesso, si assiste a una straordinaria diversificazione tra i dinosauri, con l’emergere di molti dei principali gruppi: dai sauropodi come i cetiosauri e i brachiosauri, ai teropodi predatori come i megalosauri, fino ai primi ornitopodi erbivori.
Skye, un archivio geologico tra terra e mare
Durante il Giurassico, Skye non era un’isola come la conosciamo oggi, ma una zona costiera fatta di lagune d’acqua dolce e mari poco profondi, un habitat perfetto per la vita ma anche per la conservazione dei resti fossili. La composizione morbida dei sedimenti ha fatto sì che impronte e resti potessero sopravvivere per milioni di anni, fornendo oggi una finestra eccezionale su un’epoca remota.
Mentre precedenti ritrovamenti avevano suggerito una predominanza di sauropodi nella zona, la recente abbondanza di impronte di teropodi cambia la prospettiva, dipingendo un ecosistema più vario e cosmopolita del previsto. Un ambiente in cui predatori e erbivori condividevano spazi e risorse, forse attratti dalla presenza d’acqua e vegetazione.
L’importanza di un ritrovamento raro
I fossili del Medio Giurassico sono rari in tutto il mondo. Skye rappresenta uno dei pochi luoghi sulla Terra dove è possibile osservare un così ampio numero di tracce ben conservate di questo periodo. Ogni nuova impronta aggiunge un tassello alla comprensione dell’evoluzione dei dinosauri, dei loro comportamenti e dell’ambiente in cui vivevano.
E c’è qualcosa di poetico nel pensare che su una scogliera battuta dal vento del Mare del Nord, oggi visitata da escursionisti e fotografi, un tempo passeggiavano enormi creature preistoriche, lasciando orme che avrebbero raccontato la loro storia a milioni di anni di distanza.