Nuove ipotesi sulla potenziale abitabilità della luna di Saturno
Titano, la più grande luna di Saturno, continua a sorprendere con i suoi misteri celati sotto una spessa coltre di ghiaccio. Un recente studio ha proposto una nuova prospettiva sulla possibilità di vita microbica nel suo oceano sotterraneo, aprendo scenari affascinanti per l’esobiologia.
Un oceano salato sotto la superficie
Protetto da un involucro gelido spesso decine di chilometri, l’oceano interno di Titano conterrebbe acqua salata, simile a quella del Mar Morto. Questa scoperta non è solo geologicamente rilevante: la presenza di un solvente liquido aumenta notevolmente le probabilità che condizioni favorevoli alla vita possano svilupparsi o persistere nel tempo.
Un team internazionale di ricercatori ha studiato proprio questo aspetto: può l’oceano di Titano ospitare forme di vita microscopiche? E se sì, in che misura?
Vita alimentata dalla glicina?
L’ipotesi più promettente emersa riguarda un processo metabolico tanto semplice quanto antico: la fermentazione della glicina, un amminoacido considerato tra i più elementari dell’universo. Gli scienziati hanno ipotizzato che microbi estremofili, capaci di vivere a temperature e pressioni estreme, potrebbero sfruttare proprio questa reazione chimica per generare energia e replicarsi.
La glicina, infatti, sarebbe stata trasportata sulla superficie di Titano da impatti cosmici con asteroidi o comete, che – fondendo momentaneamente il ghiaccio – avrebbero creato delle pozze temporanee d’acqua liquida. Questi eventi avrebbero poi spinto le molecole verso l’oceano sotterraneo, potenzialmente rendendole disponibili per un uso biologico.
Una biosfera microscopica
Nonostante l’ambiente favorevole e la disponibilità di glicina, i modelli matematici suggeriscono che la quantità complessiva di biomassa sostenibile sarebbe estremamente ridotta. Si parla di pochi chilogrammi di materia vivente distribuiti in un oceano vasto centinaia di milioni di chilometri cubi.
Secondo le stime, la densità di cellule non supererebbe una singola cellula per litro d’acqua, rendendo difficile rilevare eventuali segnali biologici con gli strumenti attualmente disponibili.
Implicazioni per l’esobiologia
Queste ipotesi, pur evidenziando i limiti di una possibile biosfera su Titano, aprono comunque uno spiraglio concreto nella ricerca della vita oltre la Terra. La fermentazione della glicina si profila come un modello bioenergetico interessante, che potrebbe essere applicabile anche ad altri corpi del Sistema Solare, come Europa o Encelado, anch’essi dotati di oceani nascosti.
Inoltre, il fatto che la glicina sia ubiquitaria nei materiali primordiali da cui si sono formati pianeti e lune rafforza l’idea che i mattoni della vita siano sparsi ovunque nell’universo, pronti a dare origine a forme viventi dove le condizioni lo permettano.
Il prossimo passo: esplorazioni più profonde
Per affinare le ipotesi sulla presenza di vita su Titano sarà necessario migliorare la conoscenza delle condizioni geochimiche interne della luna e approfondire lo studio dei microbi psicrofili e barofili, ossia capaci di sopravvivere in ambienti estremamente freddi e ad alta pressione.
Missioni future, come il progetto Dragonfly della NASA, promettono di esplorare la superficie e l’atmosfera di Titano con strumenti avanzati, forse in grado di rilevare tracce organiche o attività biologiche.