Un ritrovamento straordinario riscrive la storia dell’area
Una piramide antica di oltre 2.200 anni, custodita per secoli tra le sabbie del deserto della Giudea, è stata portata alla luce da un team di archeologi israeliani con l’aiuto di volontari locali. Il sito, definito una delle più sensazionali scoperte dell’era biblica, risale al periodo tolemaico, quando l’odierna Israele era sotto l’influenza della dinastia greco-egizia dei Tolomei.
Una piramide monumentale nel cuore del deserto
La struttura, descritta come imponente e costruita con massi scolpiti a mano del peso di diverse centinaia di chilogrammi, si trova in una posizione isolata ma strategica. Gli archeologi la considerano un’opera architettonica eccezionale, che potrebbe aver avuto una funzione difensiva, cerimoniale o funeraria. Una delle ipotesi è che fungesse da torre di guardia lungo una via commerciale antica, forse collegata al traffico di sale e bitume dal Mar Morto verso la costa.
Reperti di valore eccezionale: armi, papiri e monete
Nei primi giorni di scavo, sono emersi oggetti che hanno lasciato gli studiosi senza parole. Tra i reperti si segnalano:
- Papiri scritti in greco antico, ottimamente conservati grazie al clima arido;
- Monete di bronzo raffiguranti sovrani della dinastia tolemaica;
- Altre monete risalenti al regno del re seleucide Antioco IV;
- Vasi in bronzo, strumenti in legno, tessuti antichi e armi.
La combinazione di questi elementi suggerisce che il sito fosse attivo e frequentato in un’epoca di grandi movimenti politici e commerciali, tra il IV e il I secolo a.C.
Una stazione perduta nel tempo
Sotto la piramide è stata individuata una probabile stazione di sosta, forse un luogo dove viaggiatori o commercianti si fermavano lungo le rotte desertiche. Ma chi fossero questi viaggiatori, e perché fosse necessaria una struttura così elaborata in un’area tanto remota, resta per ora un mistero. Gli archeologi mantengono un approccio cauto, evitando speculazioni finché non emergeranno nuove evidenze.
Il ruolo fondamentale dei volontari e la minaccia dei tombaroli
Il ritrovamento è frutto di una campagna archeologica durata otto anni, finalizzata a proteggere i reperti del deserto della Giudea dal rischio rappresentato dagli scavi illegali e dai tombaroli. Il contributo della cittadinanza è stato decisivo: senza il lavoro paziente dei volontari, questa meraviglia sarebbe potuta andare persa per sempre.
Intanto a Giza spuntano teorie controverse
Mentre gli archeologi del deserto mantengono un approccio rigoroso e documentato, non si può dire lo stesso di un recente e discusso studio sulla Grande Piramide di Giza. Utilizzando la tecnologia radar, alcuni ricercatori affermano di aver identificato strutture sotterranee a oltre 2 chilometri di profondità sotto il celebre monumento egiziano. Tuttavia, la comunità egittologica ha rapidamente messo in dubbio queste dichiarazioni, sottolineando che la strumentazione utilizzata non è in grado di raggiungere profondità simili, bollando il tutto come privo di fondamento scientifico.
Un nuovo capitolo nella storia del Vicino Oriente antico
Il ritrovamento nel deserto della Giudea offre un’opportunità unica per ampliare la conoscenza di un periodo storico affascinante, in cui influenze ellenistiche, egiziane e medio-orientali si intrecciavano in un mosaico culturale complesso. Il sito, ancora in fase di scavo, promette ulteriori rivelazioni nei prossimi mesi. Intanto, la scoperta conferma una volta di più quanto il passato sepolto nel deserto abbia ancora molto da raccontare.