Un addome che imita una pianta carnivora
Nel cuore di un frammento d’ambra risalente a 99 milioni di anni fa, gli scienziati hanno fatto una scoperta sorprendente: una vespa dal corpo tanto inquietante quanto affascinante. Il fossile, perfettamente conservato in ambra birmana, custodiva un insetto che sfida la nostra comprensione dell’evoluzione: Sirenobethylus charybdis, una specie mai documentata prima, che presenta un addome che ricorda in modo inquietante una trappola per mosche di Venere.
Questa struttura addominale, pelosa e articolata, non ha eguali tra gli insetti conosciuti. Gli studiosi suggeriscono che si tratti di un meccanismo di presa simile a una mascella, capace di chiudersi rapidamente intorno alla preda o all’ospite. Una funzione che apre nuovi scenari sul comportamento di questa vespa antica e sul suo ruolo nell’ecosistema cretacico.
Anatomia bizzarra e funzione predatoria
A prima vista, la parte anteriore di Sirenobethylus potrebbe ingannare: assomiglia a quella di una normale vespa moderna. Ma è l’addome a forma di paletta, ornato di setole sensoriali, a rubare la scena. Conservato in diverse posizioni nei 16 esemplari femminili trovati, l’addome sembra mostrare un’azione in movimento, come se fosse stato immortalato durante l’apertura e la chiusura del meccanismo.
La struttura appare perfettamente adatta a trattenere temporaneamente un ospite, rendendo possibile la deposizione delle uova da parte della femmina. Gli esperti ipotizzano infatti che Sirenobethylus fosse un parassitoide koinobionte, una categoria di insetti che depongono le uova all’interno di un ospite ancora vivo, dove le larve si svilupperanno, consumandolo dall’interno.
Una strategia evolutiva da incubo
Mentre molte vespe moderne della stessa famiglia impiegano le zampe anteriori per catturare piccoli insetti, Sirenobethylus sembra aver optato per una strategia completamente diversa. Il suo addome specializzato avrebbe permesso di immobilizzare anche prede più veloci, un vantaggio evolutivo notevole nel ricco ambiente tropicale del Cretaceo.
Questa particolare “bocca posteriore”, secondo i ricercatori, sarebbe rimasta aperta in attesa della preda, pronta a scattare al minimo stimolo. Un comportamento che rievoca le piante carnivore, da cui deriva anche il soprannome di “vespa della pianta carnivora”. L’interazione tra i peli sensoriali e l’apparato di presa potrebbe aver garantito una precisione letale.
Mistero ancora aperto: dove sono i maschi?
Un grande punto interrogativo resta l’assenza di esemplari maschili. Se l’apparato servisse solo alla deposizione delle uova, è plausibile che i maschi ne fossero privi. Ma senza reperti maschili, non è possibile escludere completamente altre funzioni, come l’accoppiamento. Gli studiosi, tuttavia, ritengono poco probabile che la struttura fosse impiegata per trattenere il partner, un comportamento raro tra gli insetti, dove normalmente è il maschio a svolgere questa funzione.
Una finestra sull’evoluzione degli insetti
La scoperta di Sirenobethylus charybdis rappresenta un raro sguardo su una linea evolutiva perduta. Insetti con morfologie così estreme e specializzate sono esempi viventi (o fossilizzati) di ingegneria naturale. Offrono preziosi indizi sulla diversità ecologica e le strategie di sopravvivenza che si sono sviluppate in epoche remote, oggi spesso scomparse o irriconoscibili.
Nel contesto della paleontologia degli insetti, ogni fossile racconta una storia. Ma alcuni, come questa vespa con la sua trappola addominale, riscrivono il copione, mostrando quanto ancora dobbiamo imparare dal passato sepolto nella resina.