Gli antenati delle iguane delle Fiji, tra cui l’iconico Brachylophus vitiensis, potrebbero aver compiuto un’impresa a dir poco straordinaria. Oltre 30 milioni di anni fa, questi antichi rettili potrebbero aver attraversato l’intero Oceano Pacifico, viaggiando sospinti dalle correnti marine e aggrappandosi a zattere naturali di vegetazione galleggiante. Secondo uno studio pubblicato il 17 marzo su Proceedings of the National Academy of Sciences, questa migrazione potrebbe rappresentare il più lungo spostamento transoceanico mai documentato tra i vertebrati terrestri.
Secondo il biologo evoluzionista Ethan Gyllenhaal, ricercatore presso la Texas Tech University di Lubbock, questa traversata rappresenta “un esempio straordinario di dispersione a lunga distanza”. Le iguane delle Fiji, uniche rappresentanti della famiglia delle Iguanidae al di fuori delle Americhe, hanno da sempre costituito un enigma per gli scienziati. Le quattro specie oggi presenti nelle isole Fiji appartengono al genere Brachylophus, e la loro presenza così lontana dalle coste americane ha sollevato interrogativi complessi sull’origine di questa popolazione isolata.
Il biologo evoluzionista Simon Scarpetta, dell’Università di San Francisco, spiega che la comunità scientifica aveva ipotizzato due scenari principali: il primo prevedeva un viaggio epico direttamente dalle Americhe tramite zattere di vegetazione; il secondo ipotizzava un’origine asiatica o australiana, con migrazioni più brevi di antenati ora estinti.
Scarpetta e il suo team hanno ricostruito l’albero genealogico delle iguane analizzando oltre 200 specie di rettili affini. Attraverso un’analisi approfondita dei genomi e dei fossili, gli studiosi hanno identificato una stretta parentela tra le iguane delle Fiji e il Dipsosaurus dorsalis, noto anche come iguana del deserto, che oggi abita il Messico e il sud-ovest degli Stati Uniti.
L’analisi genetica, combinata con la distribuzione dei fossili, suggerisce che le iguane abbiano lasciato le coste del Nord America tra 31 milioni e 34 milioni di anni fa. La separazione evolutiva tra Brachylophus e Dipsosaurus potrebbe essersi verificata proprio in seguito a questo viaggio incredibile attraverso il Pacifico.
Il percorso stimato supera gli 8.000 chilometri, una distanza impressionante, pari a circa un quinto del giro del mondo. Secondo gli studiosi, questo rappresenterebbe il record di migrazione transoceanica per un vertebrato terrestre. Altri candidati a simili imprese includono alcune specie di lucertole e i cosiddetti ragni trappola, anch’essi noti per traversate spettacolari.
Rayna Bell, biologa evoluzionista presso l’Accademia delle Scienze della California a San Francisco, evidenzia però quanto sia difficile calcolare con precisione il tragitto effettivamente compiuto. Alcune isole che potrebbero aver rappresentato tappe intermedie potrebbero essere scomparse da tempo, rendendo la ricostruzione incompleta.
Secondo Bell, l’incertezza aumenta quanto più si risale nella scala del tempo evolutivo. “Il pianeta è cambiato radicalmente negli ultimi milioni di anni, rendendo difficoltosa l’interpretazione dei dati paleontologici e genetici disponibili”, afferma.
Le iguane sembrano possedere caratteristiche ideali per sopravvivere a una simile traversata oceanica. La loro dieta erbivora potrebbe aver consentito loro di nutrirsi dei resti vegetali della zattera stessa durante il viaggio. Alcune specie moderne sono inoltre capaci di entrare in stato di letargo, sospendendo temporaneamente il bisogno di cibo. La resistenza al calore e alla disidratazione avrebbe ulteriormente aumentato le probabilità di sopravvivenza.
Non è un caso che molte specie di iguane vivano oggi su isole, ed è stato osservato più volte il fenomeno di colonizzazione di nuove terre emerse da parte di questi rettili, utilizzando zattere naturali trasportate dalle correnti marine.
Scarpetta sottolinea: “Se dovessi scegliere un gruppo di vertebrati capace di sopravvivere a un viaggio oceanico di migliaia di chilometri, le iguane sarebbero la scelta più logica”.
Per Gyllenhaal, questa scoperta dimostra che eventi eccezionalmente rari, come una traversata oceanica riuscita, diventano statisticamente possibili quando si considerano archi temporali così estesi. “In milioni di anni, anche gli eventi con probabilità bassissime finiscono per verificarsi”, conclude il biologo americano.