Nel corso degli ultimi quindici anni, l’acquisto di alimenti nei supermercati, nei negozi di convenienza e attraverso le piattaforme di e-commerce è diventato uno stile di vita quotidiano in moltissimi paesi. Tuttavia, la praticità di questa modalità di spesa nasconde conseguenze preoccupanti per la salute pubblica. Un’analisi approfondita, condotta in collaborazione con l’UNICEF, ha monitorato le abitudini di consumo in 97 paesi, rilevando come la diffusione dei cosiddetti negozi di catena abbia coinciso con un’esplosione dei consumi di cibi trasformati e un incremento dei tassi di obesità a livello mondiale.
L’espansione globale dei negozi di catena e l’aumento del cibo trasformato
I dati raccolti mostrano un’evoluzione significativa della distribuzione alimentare. Dal 2009 al 2023, il numero di supermercati e negozi di convenienza per 10.000 abitanti è aumentato del 23,6% a livello globale. L’incremento più rapido si osserva nei paesi a basso e medio reddito, dove la rapida urbanizzazione, l’aumento dei redditi e la crescente domanda di comodità hanno attirato le attenzioni delle grandi catene di vendita al dettaglio.
In Myanmar, la densità dei negozi di catena è cresciuta di circa il 21% all’anno, mentre in Vietnam si è registrato un aumento annuo del 18%. Anche in Cambogia, la crescita si attesta attorno al 12% ogni anno. Questo trend riflette la strategia delle multinazionali di espandersi in nuovi mercati emergenti, con effetti collaterali significativi sulle abitudini alimentari locali.
Lo shopping alimentare online spinge ulteriormente il consumo di cibo non sano
Un’altra tendenza in forte crescita riguarda lo shopping online. Tra il 2014 e il 2023, la spesa mondiale per l’acquisto di alimenti online è aumentata del 325%. Gli Emirati Arabi Uniti e gli Stati Uniti guidano questa classifica: nel 2023, un cittadino medio degli Emirati ha speso 617 dollari USA in spese alimentari online, segnando un balzo del 570% rispetto a nove anni prima. Negli Stati Uniti, la spesa pro capite si è attestata sui 387 dollari USA, pari a un incremento del 125% rispetto al 2014.
L’adozione dello shopping alimentare online, in gran parte favorita dalla pandemia di COVID-19, si è ormai consolidata, incidendo ulteriormente sulla qualità del cibo acquistato.
L’incremento dei negozi di catena spinge l’aumento dell’obesità
La diffusione dei supermercati e delle piattaforme online ha coinciso con un’impennata nelle vendite di cibi ultra trasformati. A livello globale, dal 2009 al 2023, la vendita di questi prodotti è cresciuta del 10,9%. In Asia meridionale, il fenomeno è particolarmente marcato: in Pakistan, il consumo annuale di alimenti trasformati dai negozi di catena è aumentato del 5%, mentre in India e in Bangladesh si registrano rispettivamente incrementi del 4% e del 3% all’anno.
Parallelamente, il tasso globale di obesità è passato dal 18,2% al 23,7% nello stesso periodo. Il Laos offre un esempio lampante: la densità dei negozi di catena è cresciuta del 15% all’anno e la percentuale di persone obese si è doppiata tra il 2009 e il 2023. Anche in Australia, i dati rivelano che sovrappeso e obesità hanno superato il tabacco come principale minaccia alla salute pubblica.
Perché i supermercati favoriscono il consumo di alimenti non salutari
Sebbene i supermercati offrano anche frutta fresca e verdura, la loro organizzazione e le strategie di marketing favoriscono l’acquisto di alimenti ad alto contenuto calorico e poco nutrienti. I negozi di catena espongono una vasta gamma di cibi confezionati ultra processati, caratterizzati da elevati livelli di zuccheri, grassi saturi e sale. In India, Cina e Cile, la disponibilità di questi prodotti nei supermercati è particolarmente allarmante.
Le tecniche di promozione adottate dai grandi distributori rafforzano questa tendenza. In Belgio, Irlanda e in altri dodici paesi, gli sconti aggressivi, la pubblicità sui social media e la collocazione strategica dei prodotti nei punti vendita aumentano la probabilità che i consumatori scelgano cibi malsani. Nei supermercati australiani, ad esempio, oltre un terzo dei prodotti evidenziati nei siti web è classificato come malsano.
Il ruolo delle catene di distribuzione e l’influenza sui consumatori
I negozi di catena esercitano un controllo significativo sulla filiera alimentare, collaborando spesso con multinazionali produttrici di cibi confezionati ultra processati. Questo potere d’acquisto permette loro di determinare sia l’assortimento sia il prezzo dei prodotti sugli scaffali, penalizzando l’accesso a opzioni salutari, soprattutto nei quartieri a basso reddito.
Le prime reazioni politiche e commerciali a un problema globale
Alcuni governi stanno cercando di contrastare questa emergenza sanitaria. Nel Regno Unito, la legge impedisce ormai di collocare cibi spazzatura in zone di forte visibilità come le casse o le estremità dei corridoi principali dei supermercati. Da ottobre 2025, ulteriori restrizioni limiteranno la promozione di offerte come “prendi due, paghi uno” per gli alimenti considerati malsani.
Nel frattempo, in Norvegia, una grande catena di supermercati ha lanciato un’iniziativa per favorire l’acquisto di frutta e verdura, aumentando la visibilità di questi prodotti e offrendo sconti. L’effetto è stato un incremento del 42% nelle vendite di ortaggi e del 25% per la frutta tra il 2012 e il 2020.
Nonostante alcuni segnali positivi, la maggioranza delle catene di distribuzione non ha ancora adottato strategie efficaci per sostenere la salute alimentare dei propri clienti. Negli Stati Uniti, le catene che si rivolgono ai consumatori con redditi più bassi continuano a privilegiare la vendita di prodotti malsani, mentre nel Regno Unito, nonostante alcuni miglioramenti, resta un ampio margine di miglioramento.
Oggi, più che mai, è essenziale ripensare il modo in cui i supermercati influenzano le abitudini alimentari, per contrastare l’emergenza obesità e favorire un ambiente di vendita più sano in tutto il mondo.