FREEPORT, Maine – Alle prime luci dell’alba, nel silenzio avvolgente della campagna, Kyle Moellar, apprendista presso il Wolfe’s Neck Center for Agriculture and the Environment, accompagna le mucche da latte nella sala di mungitura. Dopo aver atteso pazientemente il loro turno, le vacche si posizionano nelle stalle, dove ricevono le consuete cure prima della mungitura. Ma oltre a seguire un’alimentazione tradizionale, questi animali partecipano a un’innovativa ricerca che prevede l’introduzione di un elemento inaspettato nella loro dieta: le alghe marine locali.
Il centro agricolo, che ospita circa 40 capi di bestiame, collabora con il Bigelow Laboratory for Ocean Sciences di Boothbay in uno studio sperimentale volto a verificare se un’integrazione di alghe possa ridurre le emissioni di metano prodotte dalle mucche. I primi risultati appaiono promettenti, ma restano alcune incognite, soprattutto per quanto riguarda la sostenibilità economica per gli allevatori. Se si trovasse una soluzione economicamente valida, questa innovazione potrebbe non solo diminuire l’impatto climatico dell’industria lattiero-casearia, ma anche contribuire alla diversificazione economica della costa del Maine, sempre più minacciata dal cambiamento climatico.
Il metano: un problema globale con radici nell’agricoltura
Il metano, gas serra con un potere di riscaldamento 80 volte superiore all’anidride carbonica su un periodo di 20 anni, è considerato uno dei principali responsabili dell’aumento delle temperature globali. Secondo le Nazioni Unite, il 30% del riscaldamento globale è attribuibile alle emissioni di metano, e il settore agricolo rappresenta la principale fonte di questo gas, con le mucche come principali emettitrici.
Nichole Price, scienziata senior e direttrice del Center for Seafood Solutions presso il Bigelow Laboratory, è impegnata da quasi un decennio nello studio di una soluzione a base di alghe per ridurre l’impatto ambientale della zootecnia. La sua ricerca è ispirata da studi australiani che hanno dimostrato come l’Asparagopsis, un’alga tropicale, possa abbattere significativamente la produzione di metano bovino. Tuttavia, questa specie richiede acque calde e una coltivazione in vasche terrestri, con impatti ambientali non trascurabili.
Al contrario, il kelp zuccherino, l’alga più coltivata negli Stati Uniti, si adatta perfettamente alle acque fredde del Maine e può essere prodotto in modo sostenibile. Gli esperimenti condotti con questa varietà hanno registrato una riduzione delle emissioni di metano fino al 50%, secondo Andre Brito, professore associato di gestione lattiero-casearia presso l’Università del New Hampshire, che collabora con Price.
Il ruolo delle alghe nella lotta alle emissioni
Da secoli, le popolazioni indigene nordamericane utilizzano le alghe per l’alimentazione, la medicina e il tessile, ma solo negli ultimi vent’anni la ricerca scientifica ha cominciato a esplorarne il potenziale nel settore agricolo. Alcune specie, tra cui Asparagopsis e kelp zuccherino, contengono un composto bioattivo, il bromoformio, capace di interferire con i microbi che producono metano nel sistema digestivo bovino, bloccando la formazione del gas.
Tuttavia, il bromoformio è altamente volatile e può disperdersi facilmente, riducendo l’efficacia delle alghe nel tempo. Per affrontare questa sfida, il team di Price sta lavorando a tecnologie di stabilizzazione, affinché gli additivi a base di alghe abbiano una durata maggiore e garantiscano una riduzione costante del metano. Un nuovo studio con animali, condotto dall’Università del New Hampshire, è previsto per la prossima primavera.
Il mercato delle alghe e le sfide della scalabilità
Il settore delle alghe coltivate negli Stati Uniti è ancora agli inizi, ma aziende come Atlantic Sea Farms, con sede nella Casco Bay, stanno cercando di espandere la produzione. Fondata nel 2009, questa realtà collabora con piccoli pescatori locali per coltivare kelp nei mesi invernali, garantendo agli agricoltori semi iniziali e un contratto di riacquisto per il raccolto. Nel 2024, l’azienda ha prodotto oltre 1,3 milioni di libbre di kelp, con l’obiettivo di raddoppiare la produzione entro il 2025.
Secondo Thew Suskiewicz, direttore della scienza marina presso Atlantic Sea Farms, le potenzialità di espansione sono enormi: attualmente, solo 120-130 acri di costa sono coltivati, rispetto alle centinaia di migliaia di acri disponibili.
Un’opportunità per l’economia del Maine
L’industria della pesca nel Maine si basa prevalentemente sulla cattura dell’aragosta, che rappresenta oltre il 75% delle entrate. Tuttavia, il riscaldamento delle acque sta mettendo in pericolo questa economia, come già accaduto lungo la costa di Long Island e nel Massachusetts, dove il settore è crollato.
“Affidarsi a una sola specie è rischioso,” spiega Suskiewicz, che teme un futuro incerto per le comunità costiere. “Vorrei che mia figlia di sei anni potesse crescere in un Maine prospero e sostenibile.”
Tuttavia, affinché il mercato delle alghe possa crescere, è necessario creare una domanda stabile. Sebbene il settore sia in espansione, la produzione statunitense copre meno dello 0,1% dell’offerta globale, mentre paesi come la Corea del Sud esportano alghe per un valore di 750 milioni di dollari l’anno.
I costi per gli allevatori e il futuro della ricerca
Uno degli ostacoli principali alla diffusione dell’alimentazione a base di alghe per le mucche è il costo. Secondo Thomas Prohl, responsabile delle operazioni agricole presso il Wolfe’s Neck Center, gli allevatori potrebbero considerare l’uso delle alghe solo se potessero accedere a sussidi governativi o ottenere vantaggi economici diretti, come una maggiore produzione di latte o benefici per la salute animale.
Una possibile fonte di guadagno potrebbe essere la vendita di crediti di carbonio per la riduzione delle emissioni di metano, ma il sistema richiede strumenti di misurazione affidabili. Al Wolfe’s Neck Center, gli scienziati utilizzano il Green Feed System, un dispositivo da 80.000 dollari per analizzare il respiro delle mucche, un investimento troppo elevato per la maggior parte degli allevatori.
Il team di Price sta sviluppando sensori più economici e indossabili, finanziati dalla National Science Foundation, per facilitare il monitoraggio del metano e rendere più accessibile la partecipazione agli schemi di crediti di carbonio.
Nonostante le sfide, la ricerca prosegue. Oltre al kelp zuccherino, il Bigelow Laboratory sta testando nuove soluzioni basate su microalghe, coltivabili in vasche di acqua salata sulla terraferma, con il potenziale di espandere questa tecnologia anche nelle regioni prive di sbocchi sul mare.
Con un approccio combinato tra zootecnia e acquacoltura, la sinergia tra allevatori e produttori di alghe potrebbe rappresentare una svolta per la riduzione delle emissioni e la sostenibilità economica delle comunità costiere.