Per decenni, i biologi hanno cercato di comprendere un apparente mistero dell’evoluzione: gli animali di grandi dimensioni dovrebbero sviluppare il cancro più frequentemente rispetto a quelli piccoli, eppure gli elefanti sembravano esserne quasi immuni. Questo fenomeno, noto come paradosso di Peto, ha alimentato la speranza che il loro genoma potesse contenere segreti utili per combattere i tumori umani. Tuttavia, una nuova ricerca mette in discussione questa convinzione, sostenendo che gli elefanti in realtà si ammalano di cancro tanto quanto altri animali di grandi dimensioni.
Il legame tra dimensioni corporee e rischio di tumori
Ogni essere vivente è composto da miliardi di cellule, ognuna delle quali deve dividersi per permettere la crescita e la rigenerazione dei tessuti. Più grande è un animale, più cellule ha e più divisioni cellulari devono avvenire. Questo aumenta il rischio di mutazioni, alcune delle quali possono portare allo sviluppo di tumori. Inoltre, una vita più lunga implica un numero maggiore di divisioni cellulari nel corso del tempo, aumentando ulteriormente la possibilità che si verifichino errori nel DNA.
Nel 1977, il biologo Sir Richard Peto osservò che i tassi di cancro non sembravano aumentare con la dimensione corporea, dando origine a un enigma che ha affascinato la comunità scientifica. La convinzione che gli elefanti, gli squali e altre specie fossero particolarmente resistenti al cancro si è diffusa sia tra gli specialisti che tra il pubblico. Tuttavia, uno studio recente guidato dal Professor Chris Venditti dell’Università di Reading ha dimostrato che queste affermazioni sono inesatte.
I dati che smentiscono il mito
Il team di Venditti ha analizzato 263 specie di animali, inclusi mammiferi di grandi dimensioni come elefanti e giraffe, oltre a rettili di considerevole mole. Lo studio ha rielaborato dati già raccolti in precedenti ricerche, arrivando a una conclusione chiara: gli animali più grandi sviluppano il cancro più spesso rispetto a quelli più piccoli, esattamente come previsto dalle leggi della biologia cellulare.
Secondo Venditti, i topi sono molto meno a rischio di cancro rispetto agli elefanti, proprio perché il loro corpo ha un numero minore di cellule e un ciclo vitale breve. La ricerca ha inoltre fatto una distinzione tra mammiferi e uccelli, da un lato, e rettili e anfibi dall’altro, notando che, indipendentemente dalla categoria, gli animali di maggiori dimensioni hanno tassi più elevati di tumori.
Gli elefanti non sono immuni, ma hanno strategie evolutive avanzate
Nonostante gli elefanti non siano esenti dal cancro, rimane il fatto che il loro tasso di tumori è più basso rispetto ad altre specie di dimensioni simili. Ad esempio, gli elefanti e le tigri sembrano ammalarsi con la stessa frequenza, nonostante una differenza di peso di circa dieci volte. Questa particolarità suggerisce che gli elefanti abbiano sviluppato difese biologiche speciali per contrastare la malattia.
Secondo la Dottoressa Joanna Baker, ciò è il risultato di un’evoluzione rapida che ha richiesto adattamenti per prevenire i tumori. Quando una specie cresce rapidamente in dimensioni, deve sviluppare meccanismi di protezione contro il cancro per sopravvivere. Questo spiegherebbe come gli elefanti abbiano affinato sofisticate difese genetiche per mantenere sotto controllo il rischio di mutazioni pericolose.
Altri animali con capacità sorprendenti
Lo studio ha anche individuato specie che si discostano dalla regola generale, sviluppando il cancro molto più o meno frequentemente di quanto la loro dimensione suggerirebbe. Ad esempio, il ratto talpa nudo, spesso considerato un animale “immune” al cancro, in realtà può sviluppare la malattia, sebbene raramente. D’altro canto, il pappagallino ondulato ha un’incidenza di tumori 40 volte superiore rispetto a quanto previsto, un dato preoccupante per chi possiede questo animale domestico.
Il Dr George Butler dell’University College London, autore principale della ricerca, sottolinea l’importanza di studiare le specie più resistenti per comprendere meglio i meccanismi di protezione contro i tumori. Scoprire quali animali hanno sviluppato strategie più efficaci per combattere il cancro potrebbe aprire nuove strade nella ricerca medica e portare a trattamenti innovativi.
Le armi biologiche degli elefanti contro il cancro
Alcuni di questi meccanismi sono già noti. Gli elefanti possiedono circa 20 copie del gene TP53, un gene che sopprime la formazione di tumori, mentre gli esseri umani ne hanno solo una. Inoltre, il pipistrello dai piedi grandi di Rickett sembra aver modificato l’espressione di molti geni associati al cancro, riducendo il rischio di svilupparlo.
Nonostante i progressi nella ricerca, abbiamo appena iniziato a scoprire il vasto arsenale biologico che alcuni animali utilizzano per difendersi dal cancro. Il lavoro del team di Venditti, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, segna un passo avanti nella comprensione di come la biologia evolutiva possa offrire nuove prospettive per la medicina.