Per la prima volta nella storia della medicina, i medici hanno somministrato un trattamento prenatale per l’atrofia muscolare spinale (SMA), una malattia genetica rara che colpisce i motoneuroni, le cellule che controllano i movimenti volontari. Il bambino, oggi di 30 mesi, non presenta alcun sintomo della patologia.
L’atrofia muscolare spinale e il ruolo del gene SMN1
La SMA è una patologia progressiva che si manifesta con un indebolimento muscolare dovuto alla degenerazione dei motoneuroni. È suddivisa in cinque sottotipi, tra cui il tipo 1 è il più grave. I pazienti affetti da questa forma presentano una mutazione in entrambe le copie del gene SMN1, che codifica la proteina SMN, essenziale per il corretto funzionamento dei muscoli. Senza questa proteina, i muscoli non ricevono gli impulsi nervosi necessari e si atrofizzano progressivamente.
Nei casi di SMA di tipo 1, i sintomi compaiono generalmente nei primi sei mesi di vita. Senza un intervento tempestivo, la malattia è fatale entro i primi due anni.
Il primo trattamento prenatale della SMA
Ad oggi, non esiste una cura definitiva per la SMA, ma alcuni trattamenti mirano ad aumentare la produzione della proteina SMN attraverso il gene SMN2, che funge da copia di riserva del SMN1. Fino a questo momento, queste terapie venivano somministrate solo dopo la nascita, nonostante la diagnosi genetica fosse possibile già durante la gravidanza.
Un team di specialisti del St. Jude Children’s Research Hospital nel Tennessee ha cambiato radicalmente questo approccio, trattando per la prima volta un feto con una terapia mirata. Il caso riguardava una donna che aveva già perso un figlio a causa della SMA di tipo 1 e che era nuovamente in attesa di un bambino con un alto rischio genetico di sviluppare la stessa patologia.
Dopo che i genitori hanno chiesto se esistesse un modo per intervenire prima della nascita, il team medico ha richiesto e ottenuto l’autorizzazione della FDA per somministrare un farmaco sperimentale, il risdiplam, già usato nel trattamento postnatale della malattia.
La somministrazione del farmaco durante la gravidanza
Durante le ultime sei settimane di gestazione, periodo in cui la proteina SMN è particolarmente importante per lo sviluppo del sistema nervoso fetale, la madre ha assunto una dose giornaliera orale di risdiplam. Il suo stato di salute è stato monitorato attentamente per verificare l’assenza di effetti collaterali, mentre i medici hanno seguito lo sviluppo del feto.
Dopo la nascita del bambino, il trattamento è continuato con la somministrazione diretta del farmaco. A febbraio 2025, il piccolo ha raggiunto i 30 mesi di età e continua a essere sottoposto a controlli regolari. Ad oggi, non sono emersi segni della malattia.
Un risultato promettente per la ricerca sulla SMA
“I risultati della nostra valutazione non hanno evidenziato alcun segno di SMA,” ha dichiarato il dottor Richard Finkel, direttore del St. Jude Center for Experimental Neurotherapeutics e autore principale dello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Il bambino è nato con alcune anomalie congenite, che però si sono sviluppate prima della somministrazione del farmaco e non sono ricollegabili al trattamento sperimentale.
Sebbene si tratti di un singolo caso, gli esperti sperano che questi risultati possano aprire la strada a ulteriori studi clinici sulla terapia prenatale per la SMA. “I nostri obiettivi principali erano valutare la fattibilità, la sicurezza e la tollerabilità di questo intervento, e siamo soddisfatti di vedere che il bambino e la madre stanno bene,” ha aggiunto Finkel. “Questi risultati suggeriscono che vale la pena continuare a investigare l’intervento prenatale per questa patologia.”