Per immaginare gli alieni e la possibilità della loro esistenza, è necessario accettare il concetto stesso di spazio esterno e di altri mondi oltre la Terra. Ma come vedevano il cosmo le civiltà antiche? Quale significato attribuivano alle stelle, ai fenomeni celesti inspiegabili e a ciò che oggi definiamo UAP (Unidentified Aerial Phenomena)?
Secondo Marcus Harmes, ricercatore presso l’Università del Queensland meridionale, tutto dipende dalla visione che queste culture avevano dell’universo. “Se credi negli alieni, devi credere nella possibilità di altri mondi”, afferma Harmes. Tuttavia, le informazioni che abbiamo provengono solo dai membri più istruiti di quelle società, poiché erano gli unici a poter scrivere e tramandare il loro pensiero.
Le teorie dei grandi filosofi greci
Le concezioni filosofiche dell’epoca influenzavano profondamente il modo in cui gli antichi immaginavano il cosmo. Platone e Aristotele, tra i pensatori più influenti dell’antichità, non lasciavano spazio all’idea di altri pianeti abitabili. Aristotele, in particolare, sosteneva che la Terra fosse il centro dell’universo, rendendo impossibile immaginare altri mondi simili al nostro.
Altri filosofi, però, avevano idee più aperte. Anassagora (morto nel 428 a.C.) riteneva che il Sole fosse una “massa di metallo rovente” e che la Luna e le stelle fossero fatte di pietra infuocata. Secondo lui, la Luna poteva ospitare forme di vita simili a quelle terrestri, un’opinione considerata tanto eretica da causarne l’esilio. Non vedeva gli alieni come esseri completamente diversi da noi, ma piuttosto come uomini e animali simili a quelli della Terra.
Anche Epicuro (morto nel 270 a.C.) sosteneva la possibilità dell’esistenza di altri mondi abitati da creature comparabili agli esseri umani e agli animali terrestri. La sua teoria suggeriva un universo infinito con molteplici pianeti, ciascuno con le proprie forme di vita.
Gli antichi e gli oggetti misteriosi nel cielo
Le civiltà antiche non disponevano delle conoscenze astronomiche moderne, ma osservavano il cielo con meraviglia e timore. Tito Livio, storico romano, descrisse l’avvistamento di “navi scintillanti nel cielo”, un fenomeno che oggi potrebbe essere interpretato come un UAP. Tuttavia, non è chiaro cosa abbia realmente visto: una cometa, un meteorite, o qualcosa di inspiegabile?
Molti fenomeni celesti erano considerati presagi divini. Se un evento misterioso appariva poco prima di una battaglia, veniva interpretato come un segno del destino. “Erano considerati messaggi dal cielo, avvertimenti sul futuro”, spiega Harmes.
Filosofi come Anassagora ed Epicuro scrutavano il cielo cercando spiegazioni razionali, mentre la maggior parte della popolazione antica vedeva gli eventi celesti come manifestazioni soprannaturali. Solo con Niccolò Copernico, nel XVI secolo, si cominciò a mettere in discussione la concezione geocentrica dell’universo, aprendo la strada alla moderna astronomia.
Senza le conoscenze scientifiche odierne, gli antichi potevano solo speculare su ciò che vedevano nel cielo. Eppure, le loro descrizioni ci fanno riflettere: erano semplici errori di interpretazione o esisteva davvero qualcosa di inspiegabile che ancora oggi ci sfugge?