Una serie di impatti multipli si rivela più efficace di un’unica grande collisione per modificare la traiettoria di un asteroide diretto verso la Terra. Questa è la conclusione a cui è giunta l’analisi dei frammenti espulsi in seguito allo scontro avvenuto durante la missione Dart della Nasa, che il 26 settembre 2022 ha colpito l’asteroide Dimorphos, nel primo esperimento di difesa planetaria della storia.
La nuova strategia è stata delineata in due studi pubblicati sulla rivista Nature Communications, condotti da Fabio Ferrari del Politecnico di Milano e Masatoshi Hirabayashi del Georgia Institute of Technology. Per l’Italia, hanno contribuito alla ricerca anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica, l’Istituto di Fisica Applicata Nello Carrara del Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Università di Bologna e l’Università di Padova.
Lo studio dei frammenti espulsi dopo l’impatto
Grazie alle immagini catturate dal telescopio spaziale Hubble, sviluppato dalla Nasa in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea, e a sofisticate simulazioni numeriche, i ricercatori hanno potuto analizzare massa, velocità e dimensione dei frammenti espulsi.
Secondo Fabio Ferrari, questi frammenti si formano in seguito all’interazione dinamica tra i detriti stessi, la gravità del sistema binario composto da Didymos e Dimorphos, e la pressione della radiazione solare. Comprendere tali meccanismi è essenziale per sviluppare metodi più avanzati di difesa planetaria, evitando così potenziali impatti devastanti con il nostro pianeta.
L’influenza della forma dell’asteroide
Uno degli aspetti più sorprendenti emersi dallo studio riguarda il ruolo determinante della forma dell’asteroide nell’efficacia della deviazione orbitale. La particolare morfologia schiacciata di Dimorphos ha infatti ridotto del 56% l’efficienza dell’impatto.
Più l’impatto è potente, maggiore è l’influenza esercitata dall’angolazione della superficie dell’asteroide, che può disperdere parte dell’energia cinetica senza trasmetterla pienamente al corpo celeste.
Un nuovo approccio più efficace e meno costoso
I risultati dello studio suggeriscono che inviare più oggetti di piccole dimensioni, anziché un unico impattatore di grandi dimensioni, può aumentare la spinta complessiva, migliorando l’efficacia della deviazione orbitale.
Secondo Masatoshi Hirabayashi, questa tattica non solo permette di ottimizzare i costi operativi, ma offre anche una maggiore flessibilità strategica, consentendo di adattare gli impatti a seconda delle caratteristiche dell’asteroide bersaglio.
Queste scoperte potrebbero influenzare le future missioni di difesa planetaria, aprendo la strada a nuovi sistemi di protezione contro possibili minacce provenienti dallo spazio.