Nel 1976, i due lander Viking della NASA hanno toccato il suolo del Pianeta Rosso, inaugurando una nuova era nell’esplorazione spaziale. I risultati dei loro esperimenti biologici, pensati per individuare tracce di vita su Marte, hanno sollevato un dibattito che ancora oggi continua ad appassionare gli scienziati. Un nuovo studio, recentemente pubblicato, riprende in esame i dati raccolti, mettendo in discussione vecchie interpretazioni e aprendo nuove prospettive sulla possibile presenza di forme di vita marziane.
La scoperta del perclorato: una svolta nelle interpretazioni
Uno degli aspetti più rivoluzionari emersi dopo gli esperimenti dei Viking è stata la scoperta, grazie alla missione Phoenix, di un’alta concentrazione di perclorato nei suoli marziani. Questo composto chimico, insieme ad altri ossidanti abiotici, ha offerto una spiegazione alternativa ai risultati dei Viking, ridimensionando la necessità di ipotizzare la presenza di organismi viventi.
Secondo il nuovo articolo pubblicato su Icarus, il perclorato potrebbe essere stato sottoposto a decomposizione termica nei forni degli strumenti Viking, portando alla mancata rilevazione di composti organici. Inoltre, l’ipoclorito prodotto dalla degradazione del perclorato sotto l’azione dei raggi cosmici spiegherebbe la reattività osservata nei test biologici dei lander. Tuttavia, gli autori della ricerca sottolineano che una spiegazione non biologica per i dati raccolti non implica necessariamente che Marte sia privo di vita.
Rianalizzare i risultati dei Viking: un passo necessario
Il nuovo studio, intitolato “Gli esperimenti biologici dei Viking su Marte rivisitati”, è stato scritto da tre scienziati di spicco: Christopher McKay, Richard Quinn e Carol Stoker, tutti membri della divisione di scienze spaziali del Centro di Ricerca Ames della NASA, situato in California.
Gli autori ritengono che, con la prospettiva di future missioni e del possibile ritorno di campioni marziani sulla Terra, sia fondamentale rivalutare i dati raccolti dai Viking. McKay sottolinea che il loro studio non afferma né che Marte sia sterile, né che ospiti forme di vita. Piuttosto, i dati indicano la presenza di perclorato e di altri ossidanti, il che ha influenzato le reazioni osservate nei test biologici.
Questa revisione dei dati ha anche implicazioni dirette per la sicurezza degli astronauti e per la gestione del ritorno di campioni marziani sulla Terra. Gli esperimenti dei Viking, infatti, non possono essere usati come prova definitiva dell’assenza di vita su Marte, rendendo necessarie precauzioni adeguate nelle future missioni di esplorazione.
Le nuove informazioni cambiano il quadro?
Secondo lo studio pubblicato su Icarus, la scoperta del perclorato marziano rappresenta uno dei dati più significativi acquisiti negli ultimi decenni. Il suolo di Marte contiene circa 0,5% di perclorato, una concentrazione sorprendentemente alta e ancora non del tutto spiegata.
Gli scienziati sottolineano che questo nuovo dato modifica profondamente l’interpretazione dei risultati dei Viking, con conseguenze dirette sulle discussioni relative al ritorno di campioni marziani e alla possibilità di inviare equipaggi umani su Marte. Il Trattato sullo Spazio Esterno vieta l’introduzione di materiale extraterrestre sulla Terra se può causare cambiamenti dannosi all’ambiente terrestre. Per questo motivo, ulteriori esperimenti sono necessari per comprendere meglio la chimica del suolo marziano e valutare la possibilità che la vita, in qualche forma, possa ancora esistere.
Nuove prospettive per le future missioni
La revisione dei dati raccolti dai Viking non implica la certezza che Marte sia privo di vita, né esclude la possibilità di trovare tracce biologiche nelle prossime missioni. Il team di ricerca sostiene fortemente la necessità di proseguire nella ricerca di evidenze biologiche, con particolare attenzione a regioni come i depositi di sale e i ghiacci polari, considerati ambienti ideali per la conservazione di eventuali tracce di vita passata o presente.
Questa nuova analisi dimostra quanto la comprensione di Marte sia ancora in evoluzione e come ogni nuova scoperta possa cambiare radicalmente le nostre interpretazioni. Con le missioni future e il possibile ritorno di campioni marziani, l’enigma sulla presenza di vita sul Pianeta Rosso potrebbe finalmente trovare una risposta.