Un ritorno storico per i diavoli della Tasmania
I diavoli della Tasmania stanno tornando nel continente australiano, un territorio da cui erano scomparsi migliaia di anni fa. Grazie agli sforzi di Aussie Ark, questi predatori iconici vengono rilasciati in santuari protetti nel Nuovo Galles del Sud, con l’obiettivo di ristabilire il loro ruolo ecologico e contrastare la proliferazione di specie invasive come volpi e gatti selvatici.
A guidare questo ambizioso progetto c’è Tim Faulkner, che supervisiona il trasferimento di alcuni esemplari in un’area recintata di 400 ettari a Barrington Tops, situata a circa quattro ore da Sydney. Il viaggio, tutt’altro che tranquillo, avviene a bordo di un fuoristrada che trasporta due diavoli visibilmente stressati e confusi, chiusi all’interno di robuste trappole di plastica. Questi esemplari sono lontani dalla loro casa originaria in Tasmania, ma il loro ritorno sul continente potrebbe segnare una svolta decisiva per l’ecosistema australiano.
Il ruolo ecologico dei diavoli della Tasmania
Un tempo diffusi in tutta l’Australia, i diavoli della Tasmania sono stati sterminati dal continente probabilmente a causa della competizione con il dingo, introdotto circa 3000 anni fa. Con la drastica riduzione dei dingo in alcune aree, il continente ha visto un’esplosione nel numero di gatti selvatici e volpi, due predatori introdotti dall’uomo che hanno devastato la fauna locale, portando molte specie sull’orlo dell’estinzione.
I sostenitori del progetto di reintroduzione credono che i diavoli possano contribuire a riequilibrare l’ecosistema. Essendo predatori opportunisti, non solo cacciano attivamente piccoli mammiferi e rettili, ma si nutrono anche di carcasse, riducendo le risorse disponibili per i carnivori invasivi. In teoria, la loro presenza potrebbe limitare l’impatto distruttivo delle specie introdotte, proteggendo così la biodiversità australiana.
Un esperimento sotto stretta osservazione
I diavoli vengono inizialmente rilasciati in aree recintate, per garantire che possano adattarsi al nuovo ambiente senza minacciare le specie locali. Queste riserve sicure permettono ai ricercatori di monitorare il loro comportamento e valutare gli effetti della loro reintroduzione.
Nonostante l’entusiasmo attorno al progetto, permangono alcune incognite. Uno dei rischi principali è la malattia del tumore facciale trasmissibile, un cancro contagioso che ha decimato la popolazione di diavoli in Tasmania. Inoltre, l’impatto reale di questi predatori sugli animali autoctoni e sui carnivori invasivi dovrà essere attentamente studiato prima di un’eventuale espansione del programma.
Il successo di questo esperimento potrebbe rappresentare un modello per la reintroduzione di predatori in altri ecosistemi, dimostrando che il ritorno di una specie estinta localmente può avere effetti benefici sulla conservazione della fauna selvatica. Per ora, gli occhi della comunità scientifica sono puntati su Barrington Tops, dove il ruggito dei diavoli della Tasmania risuona di nuovo dopo millenni.