Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature Communications ha portato alla luce un tipo di cellule nervose mai osservato prima, fondamentale per il riconoscimento degli oggetti e la memoria a lungo termine. Si tratta delle cellule ovoidali, scoperte da un team di ricercatori guidato da Mark Cembrowski della University of British Columbia a Vancouver, che potrebbero rivoluzionare la comprensione del funzionamento della memoria e aprire nuove strade per il trattamento di malattie neurodegenerative come Alzheimer ed epilessia.
Le cellule ovoidali e il loro ruolo nella memoria
Queste nuove cellule, caratterizzate da una forma ovale, svolgono un compito cruciale nell’orientamento spaziale e nel riconoscimento degli oggetti nella vita quotidiana. Presenti in una specifica area del cervello, l’ippocampo, sono specializzate nell’attivarsi ogni volta che si incontra un oggetto sconosciuto, catalogandolo e archiviandone l’informazione affinché possa essere riconosciuto anche dopo lunghi periodi di tempo.
Adrienne Kinman, prima autrice della ricerca, ha individuato queste cellule nei topi e ha osservato come reagiscano con estrema precisione agli stimoli visivi. Per analizzarne il comportamento, gli studiosi le hanno rese fluorescenti, monitorandone l’attività in tempo reale. I risultati hanno mostrato che queste cellule si attivano in presenza di oggetti mai visti prima e cessano gradualmente di reagire quando lo stesso oggetto diventa familiare.
Secondo Kinman, è sorprendente quanto queste cellule rispondano in maniera specifica a nuovi stimoli. Nei topi, ad esempio, sono in grado di mantenere il ricordo di un oggetto visto una sola volta per diversi mesi.
Implicazioni per le malattie della memoria
Le scoperte del team di ricerca suggeriscono che le cellule ovoidali potrebbero essere strettamente collegate ai disturbi della memoria. Si ipotizza che una iperattivazione o, al contrario, una scarsa attività di queste cellule possa contribuire a patologie come l’epilessia e la malattia di Alzheimer.
Attualmente gli studiosi stanno analizzando più a fondo il comportamento delle cellule ovoidali, cercando di comprendere in che modo il loro funzionamento possa influenzare le alterazioni della memoria e se sia possibile intervenire terapeuticamente per regolare la loro attività nei pazienti affetti da disturbi neurodegenerativi.