Corsa frenetica verso il centro galattico
Nel cuore pulsante della Via Lattea, una coppia celeste composta da un esopianeta di dimensioni superiori a Nettuno e da una stella di ridotta massa sembrerebbe lanciata in una folle corsa a 540 chilometri al secondo. Questa velocità supera di oltre il doppio quella con cui il Sole, accompagnato dal suo corteo di pianeti, percorre la sua orbita attorno al centro della Galassia. Se le misurazioni venissero confermate, ci troveremmo di fronte al sistema planetario più veloce mai identificato. La scoperta è stata divulgata sulle pagine di The Astronomical Journal durante la terza settimana di Febbraio 2025.
Il teatro di questa incredibile fuga è il bulge galattico, la regione centrale della Via Lattea, popolata da stelle vetuste e caratterizzata da un’intensa concentrazione di corpi celesti. Qui, tra il gas interstellare, l’oggetto identificato sembra sfrecciare come una scheggia impazzita, lasciando dietro di sé tracce visibili della sua corsa.
Il primo pianeta attorno a una stella iperveloce?
«Pensiamo che si tratti di un pianeta super-nettuniano, con una massa intermedia tra Nettuno e Giove, orbitante attorno a una stella di modesta grandezza a una distanza paragonabile a quella tra Venere e la Terra se lo collocassimo nel nostro Sistema solare», chiarisce Sean Terry, ricercatore presso l’Università del Maryland e il Goddard Space Flight Center della Nasa, entrambi situati nel Maryland, negli Stati Uniti. Tuttavia, data la scarsa luminosità della stella, il pianeta si troverebbe ben al di fuori della cosiddetta zona abitabile, rendendo improbabile la presenza di condizioni favorevoli alla vita. «Se la nostra interpretazione sarà verificata, sarà il **primo pianeta mai scoperto attorno a una stella iperveloce», aggiunge l’astronomo.
Un enigma nato nel 2011 grazie al microlensing
Le origini di questa vicenda risalgono al 2011, quando la coppia fu individuata sfruttando il microlensing gravitazionale, un fenomeno che permette di osservare oggetti celesti distanti grazie alla deviazione della luce causata dalla presenza di corpi massicci. La rilevazione avvenne nell’ambito del programma Moa (Microlensing Observations in Astrophysics), che negli anni successivi ha permesso di esplorare regioni remote del cosmo, spingendosi fino a galassie situate a sei miliardi di anni luce dalla Terra.
Dai dati raccolti tredici anni fa emerse che il corpo più massiccio superava l’altro di duemilatrecento volte. Due diverse interpretazioni vennero avanzate per spiegare questa sproporzione. La prima ipotizzava un sistema formato da una piccola stella, con massa pari al 20% di quella solare, accompagnata da un pianeta ventinove volte più pesante della Terra. La seconda ipotesi prevedeva, invece, un pianeta quattro volte più grande di Giove e una luna più minuta della Terra.
Indagini tra Hawaii e spazio per stimare distanza e velocità
Gli studiosi, desiderosi di fare chiarezza, hanno fatto ricorso a osservazioni di precisione provenienti dall’Osservatorio Keck situato sulle Hawaii e dai dati trasmessi dal satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), strumento ora dismesso. Le rilevazioni hanno consentito di calcolare una distanza di circa 24mila anni luce dalla Terra e di determinare la velocità relativa del sistema, calcolata confrontando la posizione assunta dalla presunta stella in un intervallo decennale, dal 2011 al 2021.
Il valore emerso, 540 chilometri al secondo, potrebbe addirittura rappresentare una stima al ribasso. Se la velocità reale oltrepassasse la soglia critica dei 600 chilometri al secondo, corrispondente alla velocità di fuga dalla Via Lattea, il sistema sarebbe destinato, nel corso di milioni di anni, ad abbandonare la nostra Galassia per perdersi nello spazio intergalattico.
Onda di prua nel gas interstellare
Durante il suo impetuoso tragitto, la stella iperveloce sembrerebbe provocare una bow shock, ossia un’onda di prua simile a quella generata dalle navi quando fendono l’acqua. In questo caso, il moto turbolento attraversa il gas interstellare del bulge galattico, creando una perturbazione visibile. Un fenomeno analogo è stato immortalato dal Telescopio spaziale Hubble osservando una stella situata nella Costellazione di Orione.
Il prossimo passo: confermare l’appartenenza della stella al sistema
Per determinare con certezza se la stella identificata sia effettivamente quella che causò il segnale del microlensing nel 2011, saranno necessarie nuove osservazioni nei prossimi mesi. David Bennett, coautore dello studio, precisa: «Vorremmo riesaminare la stella tra circa dodici mesi, verificando se il suo spostamento combaci con la traiettoria attesa».
Dello stesso avviso è Aparna Bhattacharya, anch’essa tra gli autori della ricerca: «Se la posizione della stella risultasse immutata, significherebbe che non è collegata al segnale del 2011, favorendo dunque il modello che prevede un pianeta gigante e una luna».
Prospettive future con il telescopio Nancy Grace Roman
Nel 2027, il lancio del Nancy Grace Roman Space Telescope dell’Agenzia spaziale statunitense (Nasa) permetterà di indagare con maggiore accuratezza la presenza di pianeti attorno a stelle in rapido movimento, rivelando dettagli sui processi che imprimono a certi corpi celesti velocità tanto elevate. Il contributo del Roman sarà determinante per esplorare il bulge galattico, grazie a un campo visivo esteso abbinato a una risoluzione senza precedenti.
«In futuro, grazie all’osservatorio Roman, non sarà più necessario combinare i dati di diversi strumenti per svelare oggetti così peculiari. Roman sarà sufficiente da solo», conclude Sean Terry, delineando uno scenario in cui la ricerca di sistemi planetari estremi potrà compiersi con strumenti di nuova generazione.
Nel frattempo, gli occhi dei ricercatori restano puntati sulla Via Lattea, in attesa di confermare se questa coppia iperveloce sia davvero il sistema planetario più rapido mai osservato.