Cervello e zucchero: il ruolo nascosto dei neuroni POMC nel desiderio di dessert
Molte persone, anche dopo aver consumato un pasto abbondante, sembrano avere sempre spazio per un dolce. Questa esperienza quotidiana, che spesso appare come una semplice golosità, trova oggi una spiegazione nelle dinamiche complesse del cervello umano. Una ricerca condotta in Germania, presso il Max Planck Institute for Metabolism Research, ha svelato come la sazietà e il desiderio di zucchero siano legati agli stessi circuiti neuronali.
Henning Fenselau, insieme al suo gruppo di ricerca, ha identificato nei topi il ruolo dei neuroni pro-opiomelanocortina (POMC), situati nel nucleo arcuato dell’ipotalamo, una zona cerebrale centrale per il controllo dell’appetito e del metabolismo. Tradizionalmente noti per inviare segnali di pienezza dopo aver mangiato, questi neuroni si rivelano anche protagonisti nell’accendere la voglia di cibi zuccherati.
Ipotalamo e talamo: il dialogo che scatena il desiderio di dolci
Gli studiosi hanno tracciato le connessioni che i neuroni POMC stabiliscono con altre aree cerebrali, utilizzando fette di cervello di tre topi immerse in soluzioni fluorescenti capaci di evidenziare i recettori oppioidi. È emerso che la regione con la maggiore concentrazione di tali recettori è il nucleo paraventricolare del talamo (PVT), noto per regolare comportamenti alimentari e reazioni legate alla gratificazione.
Quando i ricercatori hanno osservato l’attività cerebrale dei topi durante l’assunzione di cibo, hanno scoperto che dopo circa 90 minuti di alimentazione abituale, i roditori mostravano segni di sazietà, limitandosi a mordicchiare il cibo restante. Tuttavia, al momento di ricevere un dolce zuccherato, l’attività tra il nucleo arcuato dell’ipotalamo e il PVT è schizzata alle stelle, registrando un aumento di circa quattro volte rispetto ai livelli osservati durante il pasto ordinario.
Sorprendentemente, questo picco di attivazione neuronale precedeva l’assaggio del dessert, suggerendo che il semplice riconoscimento del dolce fosse sufficiente per innescare il desiderio.
Optogenetica: come spegnere la voglia di dolci nei topi
Per verificare se questo circuito fosse davvero il responsabile della passione per lo zucchero, il team ha applicato l’optogenetica, una tecnica avanzata che consente di attivare o inibire i neuroni attraverso impulsi luminosi. Bloccando i segnali inviati dai neuroni POMC verso il PVT, i ricercatori hanno osservato che i topi riducevano il consumo di dessert di circa 40%, dimostrando così il legame diretto tra questa via neuronale e il bisogno di zucchero.
Henning Fenselau ha sottolineato come sia sorprendente che le stesse cellule cerebrali, universalmente riconosciute per il loro ruolo nel comunicare sazietà, siano in realtà capaci di scatenare la voglia di dolci proprio quando l’organismo è sazio. Questo fenomeno potrebbe spiegare il motivo per cui sia gli animali che gli esseri umani tendano spesso a consumare zucchero in eccesso anche dopo un pasto abbondante.
Evoluzione e zuccheri: il possibile vantaggio energetico
Le ragioni evolutive di questo circuito cerebrale non sono ancora del tutto chiare. Tuttavia, una delle ipotesi avanzate da Fenselau è che lo zucchero, essendo una fonte di energia immediatamente disponibile, potrebbe aver offerto un vantaggio evolutivo agli animali, spingendoli ad assumerlo anche quando l’organismo era già sazio di altri nutrienti come proteine e grassi.
In altre parole, mangiare dessert potrebbe rappresentare per il cervello una sorta di scorta energetica rapida, un meccanismo ancestrale sviluppatosi in epoche in cui il cibo era scarso e ogni opportunità di accumulare energia era preziosa.
Cervello e obesità: la complessità dei percorsi neurali
Sebbene questa scoperta potrebbe aprire nuove strade per comprendere i meccanismi dell’obesità e sviluppare trattamenti innovativi per contrastare l’assunzione eccessiva di zuccheri, Fenselau avverte che il cervello umano è governato da una rete complessa di percorsi neuronali. La via POMC-PVT è solo uno dei tanti sistemi che regolano il rapporto tra fame, appetito e soddisfazione alimentare.
Nella vita quotidiana, infatti, fattori emotivi, abitudini e disponibilità di cibo possono facilmente prevalere sui segnali biologici, rendendo il controllo dei comportamenti alimentari un fenomeno estremamente complesso. Tuttavia, la consapevolezza di come il cervello risponda agli zuccheri potrebbe rappresentare un passo fondamentale per comprendere perché il richiamo del dessert sia così difficile da ignorare anche quando ci si sente pieni.