Murchison Wide-field Array, Australia Occidentale – Gli astronomi affrontano una delle sfide più complesse della loro epoca: la crescente presenza di interferenze a radiofrequenza (RFI) che minaccia la qualità delle osservazioni celesti. Tuttavia, un episodio singolare verificatosi nel cielo dell’Australia Occidentale potrebbe aprire la strada a un innovativo metodo per salvaguardare i dati raccolti dai radiotelescopi.
Due ricercatori dell’Università Brown, nello Stato di Rhode Island, USA, hanno recentemente individuato l’origine di un misterioso segnale televisivo rilevato dal Murchison Wide-field Array (MWA), un sofisticato strumento composto da 4.096 antenne, progettato per catturare le onde radio a bassa frequenza comprese tra 70 e 300 MHz, utili per lo studio dell’epoca della reionizzazione cosmica. La scoperta è stata resa possibile grazie a una ricerca condotta dal professore Jonathan Pober e dalla dottoranda Jade Ducharme.
Un segnale inatteso nella zona di silenzio radio
Il MWA sorge all’interno di una zona di silenzio radio che si estende per 300 chilometri nel deserto dell’Australia Occidentale, creata appositamente per limitare qualsiasi trasmissione terrestre che possa contaminare le osservazioni cosmiche. Nonostante questa protezione, il telescopio continuava a captare segnali televisivi provenienti da reti australiane, come il canale 7, che non avrebbero dovuto essere ricevuti in quell’area.
Il fenomeno ha inizialmente spiazzato gli scienziati, ma una deduzione improvvisa ha cambiato il corso delle indagini. Pober ha raccontato: “Abbiamo improvvisamente pensato: scommettiamo che questo segnale sta rimbalzando su un aereo in volo”.
La svolta: il segnale riflesso da un aereo in alta quota
Determinati a verificare la loro intuizione, Pober e Ducharme hanno combinato due strumenti avanzati d’analisi: il beamforming, che consente di affinare la messa a fuoco su una specifica fonte di emissione, e la correzione di campo vicino, utilizzata per localizzare interferenze originate da oggetti prossimi. Incrociando queste due tecniche, sono riusciti a identificare con precisione l’origine del disturbo radio.
Il segnale televisivo risultava riflesso dalla fusoliera di un aereo in volo a 11,7 chilometri di altitudine, che procedeva a una velocità di 792 chilometri orari. La trasmissione, proveniente da un’area esterna alla zona di silenzio radio, si rifrangeva sul velivolo e raggiungeva le antenne del MWA, eludendo così le barriere protettive.
L’invasione dei satelliti e la crisi della radioastronomia
Questo episodio rappresenta solo una piccola porzione di un problema ben più vasto che minaccia il futuro dell’astronomia radio. Con l’aumento esponenziale delle costellazioni di satelliti artificiali, il cielo notturno è sempre più saturo di segnali a radiofrequenza. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari dello Spazio Extra-atmosferico, a Giugno 2023 erano già presenti 11.330 satelliti in orbita terrestre, e da allora il numero è cresciuto ulteriormente.
Molti di questi dispositivi orbitanti trasmettono dati su bande radio, sovrapponendosi alle stesse frequenze utilizzate dagli astronomi per captare segnali provenienti dalle galassie primordiali e da eventi cosmici distanti. Jonathan Pober ha sottolineato il rischio concreto che, a breve, le osservazioni di alta qualità possano diventare quasi impossibili: “La radioastronomia è di fronte a una crisi esistenziale”.
Un passo avanti verso la rimozione delle interferenze
Identificare con precisione che il disturbo rilevato fosse il risultato della riflessione di un segnale televisivo su un aereo non rappresenta soltanto una curiosità scientifica, ma apre prospettive rivoluzionarie. Tracciando l’origine dei segnali indesiderati, diventa infatti possibile creare modelli di interferenza capaci di riconoscere e separare le emissioni artificiali dai segnali cosmici autentici.
Pober ha chiarito l’importanza di questo progresso: “Ora possiamo iniziare a costruire strumenti matematici per sottrarre le interferenze generate dall’uomo dai dati astronomici, senza dover necessariamente scartare intere porzioni di osservazioni”.
Finora, la prassi più comune consisteva nell’eliminare i set di dati contaminati, sacrificando preziose informazioni raccolte in ore di lavoro. Con l’introduzione di algoritmi più sofisticati, si potrà invece rilevare e filtrare selettivamente solo le interferenze, preservando il resto delle osservazioni.
Le sfide future: dai segnali televisivi ai satelliti
Pur rappresentando un successo, questo primo caso di individuazione di RFI da riflesso aereo è solo il punto di partenza. L’obiettivo successivo per il team di Brown University sarà applicare la stessa metodologia per isolare e rimuovere le emissioni radio dei satelliti, che costituiscono l’ostacolo principale per gli osservatori astronomici.
La complessità della sfida è evidente: a differenza degli aerei, i satelliti formano vere e proprie costellazioni in movimento continuo, con traiettorie e intensità di emissione estremamente variabili. Tuttavia, secondo Pober, non esiste alternativa: “Se vogliamo che la radioastronomia sopravviva, dobbiamo investire risorse nello sviluppo di tecnologie di analisi dati sempre più raffinate”.
La pubblicazione scientifica sulla scoperta
I risultati dell’indagine condotta da Jonathan Pober e Jade Ducharme sono stati ufficialmente pubblicati il 12 Febbraio 2024 sulla rivista Publications of the Astronomical Society of Australia, uno dei periodici più autorevoli nel campo dell’astronomia radio e delle scienze spaziali.
L’articolo descrive nel dettaglio le metodologie adottate per tracciare il segnale riflesso dall’aereo, offrendo un punto di riferimento per altri gruppi di ricerca impegnati nell’elaborazione di tecniche di mitigazione delle RFI.