L’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), istituita nel 1961 sotto la presidenza di John F. Kennedy, è stata per decenni un pilastro della strategia di soft power statunitense. Attraverso finanziamenti destinati a sanità, istruzione, infrastrutture e nutrizione, ha garantito una rete di supporto per milioni di persone nei paesi più vulnerabili, comprese le popolazioni colpite da guerre, carestie e disastri ambientali.
Con l’amministrazione Trump, però, il sostegno di USAID è stato drasticamente ridotto. Il congelamento dell’assistenza estera e il licenziamento di gran parte del personale hanno provocato un collasso degli aiuti umanitari, lasciando intere comunità senza risorse essenziali. In Sudan, un paese già devastato dal conflitto tra fazioni militari rivali e da crisi climatiche sempre più gravi, questa decisione ha avuto conseguenze catastrofiche.
La crisi alimentare in Sudan: cucine comunitarie chiuse e carestia dilagante
Nisreen Elsaim, attivista sudanese per il clima e l’ambiente, ha raccontato in un’intervista da Doha, in Qatar, il dramma che il suo popolo sta vivendo. Costretta a lasciare Khartoum con il suo neonato a causa dei combattimenti, ha descritto come l’interruzione degli aiuti abbia paralizzato le cucine comunitarie, un’ancora di salvezza per milioni di sudanesi.
USAID era tra i principali sostenitori di queste strutture, che garantivano pasti a famiglie affamate, rifugiati e persone in condizioni disperate. Senza questi aiuti, il livello di carestia in Sudan ha raggiunto il grado 5 per la terza volta in due anni, una soglia che indica malnutrizione estrema e fame diffusa.
La situazione è ulteriormente aggravata dalla crisi climatica: siccità, inondazioni e instabilità ambientale hanno compromesso la produzione agricola, rendendo ancora più difficile l’accesso al cibo. Senza il supporto di USAID, la possibilità di ripresa appare sempre più lontana.
Il crollo del sistema sanitario: epidemie senza controllo
Oltre alla carestia, il Sudan sta affrontando un’emergenza sanitaria senza precedenti. L’assenza di fondi ha bloccato ospedali, cliniche mobili e programmi di distribuzione di medicinali, mentre il paese è colpito da epidemie di colera, malaria e febbre dengue.
Secondo Elsaim, l’interruzione degli aiuti ha avuto un impatto devastante anche sulla salute mentale della popolazione. USAID finanziava programmi di supporto psicologico per le vittime di stupro, traumi di guerra e violenze. Senza queste risorse, migliaia di donne e uomini sono lasciati soli ad affrontare esperienze atroci, senza alcun sostegno terapeutico o sociale.
L’ONG sudanese Female Guardians of the Revolution, per cui Elsaim è volontaria, ha assistito oltre 10.000 vittime dall’inizio della guerra. Ora, con il blocco dei finanziamenti, il loro operato è seriamente compromesso.
Un Ramadan senza aiuti: la disperazione delle famiglie sudanesi
L’interruzione del sostegno di USAID si è fatta sentire anche in occasioni cruciali come il Ramadan. Tradizionalmente, l’agenzia finanziava la distribuzione della borsa del Ramadan, un pacco alimentare contenente riso, legumi, olio e spezie per le famiglie indigenti che osservano il digiuno sacro.
Quest’anno, però, le richieste di aiuto si scontrano con una realtà drammatica: non ci sono alternative rapide e la sospensione improvvisa dei fondi ha reso impossibile organizzare la distribuzione. Milioni di sudanesi rischiano di affrontare il mese sacro senza cibo né risorse.
Il ruolo degli Stati Uniti e la responsabilità climatica
La crisi umanitaria in Sudan è solo uno dei tanti effetti della politica isolazionista di Trump, il quale ha non solo smantellato USAID, ma ha anche ritirato gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi. Secondo Elsaim, questa decisione rappresenta un grave errore non solo per il Sudan, ma per l’intero pianeta.
Gli Stati Uniti hanno una responsabilità storica nel sostenere i paesi più vulnerabili alla crisi climatica. L’attivista sudanese sottolinea come le emissioni prodotte dalla Rivoluzione Industriale abbiano contribuito al riscaldamento globale, e come sia un dovere degli Stati Uniti aiutare le nazioni più colpite ad adattarsi e a sviluppare energie rinnovabili.
Elsaim respinge l’idea che siano solo altre nazioni a dover colmare il vuoto lasciato da USAID. Gli aiuti internazionali non sono una questione di carità, ma un obbligo morale ed economico per un paese che ha costruito la sua prosperità su decenni di emissioni e industrializzazione intensiva.
Un messaggio al popolo americano
Interrogata su cosa direbbe a Donald Trump, Elsaim ha risposto con fermezza di non voler sprecare parole per chi ha dimostrato di ignorare la sofferenza globale. Il suo appello è rivolto piuttosto al popolo americano, affinché comprenda che le crisi umanitarie e climatiche non conoscono confini.
Come dimostrato dalla pandemia di COVID-19, nessuno è al sicuro finché non lo siamo tutti. La stessa logica si applica alla democrazia, alla pace e alla salute globale. Smantellare programmi come USAID non significa solo abbandonare il Sudan, ma rendere il mondo un posto più instabile, pericoloso e ingiusto.
L’America è ancora disposta a essere un faro di speranza e solidarietà, o sceglierà l’isolamento e l’indifferenza?