I leader ambientalisti del Maryland si oppongono fermamente alla proposta legislativa che punta sulle centrali a gas per affrontare la prevista carenza energetica dello stato. Allo stesso tempo, il dibattito sull’energia nucleare divide gli attivisti, tra chi la considera un’alternativa senza emissioni e chi la ritiene un ostacolo agli obiettivi di energia rinnovabile.
Il conflitto sulle centrali a gas
I principali gruppi ambientalisti del Maryland denunciano il sostegno dato dai legislatori alla costruzione di nuove centrali a gas, considerandolo un passo indietro rispetto alla transizione energetica. Il fulcro della questione è la decisione dell’operatore della rete regionale, PJM Interconnection, accusato di cattiva gestione per aver creato una crisi energetica che ora giustifica il ricorso al gas.
Il malcontento è aumentato dopo la recente approvazione da parte della Federal Energy Regulatory Commission (FERC) di una richiesta di PJM, che consentirà alle centrali a gas di ottenere una corsia preferenziale nei processi di interconnessione, penalizzando ulteriormente i progetti di energia rinnovabile. Carlos Sanchez, del capitolo locale del Sierra Club, ha condannato la decisione, sottolineando come migliaia di megawatt di energia eolica e solare rimangano bloccati da ostacoli burocratici.
Mercoledì scorso, i leader del Sierra Club, della Chesapeake Climate Action Network e della Maryland League of Conservation Voters hanno espresso il loro dissenso in una conferenza stampa, criticando l’inclusione delle centrali a gas nel pacchetto legislativo proposto dal presidente del Senato Bill Ferguson e dalla presidente della Camera Adrienne Jones.
Il “Pacchetto Legislativo di Leadership 2025” e la nuova strategia energetica
Il Next Generation Energy Act, parte del pacchetto legislativo, propone la creazione di impianti a gas e nucleari per sostituire le vecchie centrali a carbone e petrolio in fase di dismissione. La norma prevede inoltre che le nuove centrali a gas siano convertibili a idrogeno e dotate di tecnologie per la cattura del carbonio in un futuro non specificato.
Parallelamente, il Renewable Energy Certainty Act punta a semplificare le autorizzazioni per i progetti di energia solare e di stoccaggio, mentre l’Energy Resource Adequacy and Planning Act mira a rafforzare la pianificazione energetica statale, riducendo la dipendenza da PJM e garantendo che il Maryland raggiunga i propri obiettivi climatici.
Un documento di tre pagine diffuso dai legislatori avverte che il Maryland potrebbe affrontare una grave carenza di elettricità già a giugno 2026. La crescente domanda dei data center, l’elettrificazione diffusa e la chiusura delle centrali a carbone e petrolio sarebbero le principali cause del problema. Secondo il documento, la capacità limitata di energia solare ed eolica e gli alti costi di stoccaggio delle batterie impedirebbero una transizione esclusiva verso le rinnovabili, rendendo inevitabile il ricorso a gas e nucleare.
Mike Tidwell, direttore del Chesapeake Climate Action Network, ha respinto questa conclusione, sottolineando come non esista alcuna analisi indipendente che dimostri che le centrali a gas sarebbero più economiche rispetto agli investimenti in efficienza energetica, solare e stoccaggio delle batterie.
Il ruolo del nucleare e le divisioni tra gli ambientalisti
Mentre la questione del gas naturale raccoglie un’opposizione pressoché unanime tra gli ambientalisti, il dibattito sull’energia nucleare è più complesso. L’ENERGIZE Maryland Act, sostenuto dall’amministrazione del governatore Wes Moore, propone di ridefinire lo Standard del Portafoglio Rinnovabile dello stato in uno Standard del Portafoglio di Energia Pulita, includendo ufficialmente l’energia nucleare tra le fonti energetiche ritenute valide per la transizione.
L’iniziativa ha trovato sostegno tra alcune organizzazioni, come la Maryland League of Conservation Voters, che considera il nucleare una risorsa a zero emissioni di carbonio. Attualmente, lo stato ottiene circa il 40% della sua energia nucleare dall’impianto di Calvert Cliffs, e alcuni attivisti vedono in questa fonte un’opportunità per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.
Tuttavia, altri esperti, come Tim Judson del Nuclear Information and Resource Service, contestano l’efficacia del nucleare a causa degli alti costi e dei lunghi tempi di realizzazione. Secondo Judson, i reattori nucleari impiegano almeno 15 anni per essere pianificati e costruiti, mentre i costi spesso superano di gran lunga le previsioni iniziali. Ha citato l’esempio della Georgia, dove i costi per la costruzione di nuovi reattori hanno fatto aumentare del 25% le bollette dei consumatori.
Gwen DuBois, presidente dei Chesapeake Physicians for Social Responsibility, ha sottolineato che eolico, solare, idroelettrico e stoccaggio delle batterie rappresentano soluzioni più economiche e più rapide rispetto al nucleare. Anche Jorge Aguilar, di Food & Water Watch, ha espresso preoccupazione, affermando che l’attenzione verso il nucleare e il gas naturale devierà risorse da investimenti più urgenti nelle energie rinnovabili.
La risposta dei legislatori e il futuro dell’energia in Maryland
L’amministrazione del governatore Moore ha dichiarato di voler esplorare tutte le opzioni per garantire un’energia affidabile e pulita per il Maryland. Un portavoce dell’ufficio del governatore ha sottolineato che l’ENERGIZE Act mira a stimolare la produzione di energia pulita, investire nella forza lavoro locale e proteggere i contribuenti dallo shock dei prezzi dell’elettricità.
Nel frattempo, PJM ha difeso la propria gestione, affermando che attualmente ha in coda più di 200.000 megawatt di progetti rinnovabili, ma che sfide legate alla localizzazione e alla catena di approvvigionamento stanno rallentando la loro implementazione.
Con una crisi energetica alle porte e un panorama legislativo in rapida evoluzione, il futuro dell’energia in Maryland rimane incerto. Mentre alcuni sostengono che gas e nucleare siano le uniche opzioni a breve termine per garantire la stabilità della rete, gli attivisti ambientalisti continuano a spingere per una transizione più rapida verso soluzioni rinnovabili, cercando di bloccare nuovi investimenti nei combustibili fossili.