Nubi dai riflessi perlati colorano il cielo marziano: le spettacolari immagini dal cratere Gale
Nel cuore del cratere Gale, all’ombra del maestoso Monte Sharp, il rover Curiosity della Nasa ha immortalato, il 17 Gennaio 2024, uno scenario celeste di rara bellezza. Il tramonto marziano si è acceso di tonalità rosso rubino e verde smeraldo, mentre nuvole madreperlacee hanno attraversato l’orizzonte del Pianeta Rosso, offrendo uno spettacolo visivo che richiama i cieli iridescenti osservabili talvolta sulla Terra.
Le immagini, acquisite dalla telecamera Mastcam, principale sistema visivo di Curiosity, documentano un fenomeno noto come nubi crepuscolari iridescenti, denominazione che trae origine dal latino noctilucent, ovvero “splendenti nella notte”. Queste formazioni eteree appaiono quando i raggi solari, durante il tramonto o l’alba, incontrano nuvole situate ad altitudini elevate rispetto alla superficie marziana, generando riflessi dai colori cangianti simili al riverbero delle perle.
Secondo quanto pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters nel 2024, a cura del team guidato da Mark Lemmon dello Space Science Institute di Boulder, in Colorado, le spettacolari nubi sono state osservate a quote comprese tra i 60 e gli 80 chilometri, dove la temperatura precipita a valori estremamente bassi, permettendo la formazione di cristalli di ghiaccio di anidride carbonica, comunemente noto come ghiaccio secco. Le nuvole che si sviluppano a quote inferiori, invece, sono composte prevalentemente da ghiaccio d’acqua, analogamente a quelle terrestri.
L’analisi delle immagini evidenzia una netta distinzione tra le nubi superiori e quelle più basse. Le prime, sospinte dai venti marziani, tendono a muoversi in direzione contraria rispetto alle seconde, fornendo agli scienziati dati preziosi sulla dinamica atmosferica di Marte.
La missione Pathfinder fu la prima a documentare la presenza di nubi crepuscolari nel 1997, ma fu solo con Curiosity, atterrato nel 2012, che il fenomeno delle iridescenze venne osservato in modo sistematico. Le prime immagini risalgono al 2019 e, da allora, il rover ha monitorato queste formazioni luminose per quattro anni marziani consecutivi, corrispondenti a circa sette anni terrestri.
Le iridescenze si manifestano puntualmente all’inizio dell’autunno nell’emisfero meridionale di Marte, periodo in cui le condizioni atmosferiche sembrano favorire il congelamento dell’anidride carbonica ad elevate quote.
«La prima volta che le vidi pensai a un errore della fotocamera», ha dichiarato Mark Lemmon, sottolineando come ora il fenomeno sia diventato talmente regolare da permettere di pianificare gli scatti in anticipo.
Ciononostante, il mistero avvolge ancora il motivo per cui le nubi madreperlacee siano state rilevate soltanto in alcune zone specifiche del pianeta. Il rover Pathfinder, posizionato nella regione di Ares Vallis, a nord dell’equatore, e il più recente Perseverance, operativo dal 2021 nel cratere Jezero, non hanno mai catturato immagini simili. Solo Curiosity, dalla sua posizione ai piedi del Monte Sharp, continua a documentare il fenomeno.
Il gruppo di ricerca ipotizza che particolari onde di gravità atmosferiche possano essere responsabili del raffreddamento locale necessario per la condensazione del ghiaccio secco, ma la causa precisa resta ignota. «Non ci aspettavamo che qui l’anidride carbonica potesse congelare», ha ammesso Lemmon, suggerendo che la dinamica delle correnti ascensionali e delle onde di gravità su Marte sia ancora poco compresa.
Le osservazioni delle nubi crepuscolari non hanno soltanto valore estetico. Esse costituiscono una finestra privilegiata per indagare la composizione dell’atmosfera marziana e ricostruire il clima del passato, quando il pianeta potrebbe aver ospitato corsi d’acqua e condizioni favorevoli alla vita microbica.
La telecamera Mastcam, oltre a catturare le suggestive sfumature del cielo, è utilizzata quotidianamente per documentare la superficie del pianeta e supportare le attività di navigazione e campionamento. Negli ultimi mesi, Curiosity ha esplorato il canale di Gediz Vallis, prima di dirigersi verso un’area caratterizzata da boxwork, strutture di fratture riempite di minerali derivanti dall’infiltrazione di acqua di falda. Dallo spazio, queste conformazioni appaiono come gigantesche ragnatele rocciose.
Più di recente, il rover ha visitato il cratere Rustic Canyon, formatosi a seguito di un impatto meteoritico, con un diametro di venti metri, analizzando la composizione delle rocce circostanti. I crateri marziani, oltre a svelare dettagli sulla storia geologica del pianeta, offrono spesso accesso a materiali sepolti per milioni di anni, potenzialmente meno esposti alle radiazioni cosmiche rispetto agli strati superficiali. Lo studio di questi campioni potrebbe fornire indizi sulle molecole organiche e sulle condizioni ambientali presenti quando su Marte scorreva ancora acqua liquida, circa tre miliardi di anni fa.
Il viaggio di Curiosity sul Monte Sharp prosegue tra sabbie rosse e cieli dai riflessi madreperlacei, mentre ogni tramonto marziano continua a svelare nuove sfumature di un passato remoto, ancora in parte avvolto nell’ignoto.