Le piante sono state una fonte insostituibile di farmaci per secoli, fornendo cure essenziali per numerose patologie. Tuttavia, la crescente perdita di biodiversità e il cambiamento climatico potrebbero mettere in pericolo la scoperta di nuovi trattamenti e la disponibilità di quelli esistenti. Dalla morfina alla metformina, fino alle chemioterapie più avanzate, il contributo del mondo vegetale alla medicina è inestimabile.
Il ruolo delle piante nella medicina moderna
Il Professor John Newton, esperto di sanità pubblica e membro del Royal College of Physicians, sottolinea come il legame tra piante e medicina sia stato centrale per secoli, ma spesso dimenticato nella pratica clinica contemporanea. Passeggiando nel giardino delle piante medicinali del Royal College of Physicians, che ospita oltre 1.100 specie, molti medici scoprono con sorpresa quanto le piante continuino a essere fondamentali per la farmaceutica moderna.
Un esempio iconico è la metformina, il farmaco più usato per trattare il diabete di tipo 2. La sua origine risale al lillà francese (Galega officinalis), una pianta nota per il suo effetto ipoglicemizzante. Dopo anni di ricerca, negli anni ’50 il medico Jean Sterne riuscì a sviluppare una versione sicura e clinicamente efficace della molecola attiva, ancora oggi utilizzata da milioni di pazienti in tutto il mondo.
Altri farmaci derivati dalle piante includono:
- Atropina, estratta dalla belladonna (Atropa belladonna), essenziale per il trattamento delle aritmie cardiache.
- Amiodarone, sviluppato a partire dalla khellina (Ammi visnaga), utilizzato per stabilizzare il battito cardiaco irregolare.
- Teofillina, un broncodilatatore estratto da tè (Camellia sinensis) e cacao (Theobroma cacao), ancora oggi impiegato per trattare asma e malattie polmonari ostruttive croniche.
Ma le piante non si limitano a curare il diabete, le malattie cardiache o i problemi respiratori. Alcuni dei farmaci più potenti contro il cancro derivano proprio dal mondo vegetale.
Dalle piante alla chemioterapia: il potere nascosto della natura
Il Dr. Tom Prescott, ricercatore dei Royal Botanical Gardens Kew, evidenzia un aspetto affascinante: le piante non creano composti tossici per aiutare l’uomo, ma per difendersi da predatori e infezioni. Tuttavia, alcune di queste sostanze sono risultate estremamente efficaci nel distruggere cellule tumorali.
Uno degli esempi più sorprendenti è la pervinca del Madagascar (Catharanthus roseus). Sebbene fosse stata studiata per il suo utilizzo nei rimedi tradizionali contro il diabete, la vera scoperta avvenne quasi per caso: un estratto della pianta mostrò un effetto devastante sulle cellule della leucemia nei test di laboratorio. Da questa scoperta nacquero la vinblastina e la vincristina, due farmaci oggi fondamentali per il trattamento della leucemia, del linfoma e di alcuni tumori solidi.
Altri esempi includono:
- Paclitaxel, scoperto nella corteccia del tasso del Pacifico (Taxus brevifolia), usato per trattare cancro al seno, alle ovaie e ai polmoni.
- EBC-46, un composto estratto dall’albero blushwood, pianta australiana che potrebbe non solo combattere i tumori, ma anche rappresentare una speranza per la cura dell’HIV.
La combinazione tra natura e biotecnologia ha portato anche a farmaci innovativi come il trastuzumab emtansine (Kadcyla), utilizzato contro il cancro al seno HER2-positivo. Questo farmaco sfrutta un composto naturale della pianta africana Maytenus, combinato con biotecnologie avanzate per colpire selettivamente le cellule tumorali. Una vera e propria “chemioterapia mirata”, che riduce gli effetti collaterali e migliora l’efficacia dei trattamenti.
Il pericolo della perdita di biodiversità
Sebbene la ricerca farmaceutica abbia fatto passi da gigante, il 38% degli alberi del mondo è a rischio di estinzione, e solo una minima parte delle specie vegetali è stata studiata per il loro potenziale medico. Il Professor Michael Heinrich, esperto di etnofarmacologia presso l’University College di Londra, avverte che molte piante potrebbero estinguersi prima ancora di essere analizzate per scopi terapeutici.
Il cambiamento climatico sta inoltre modificando la distribuzione delle piante medicinali già conosciute. La lavanda, utilizzata sia in medicina che nell’industria dei profumi, sta spostando le aree di coltivazione sempre più a nord. Lo zafferano, tradizionalmente coltivato in Iran e nei paesi vicini, fatica a sopravvivere a temperature sempre più elevate. In alcuni casi, l’aumento delle temperature sta letteralmente “bollendo” i bulbi nel terreno, compromettendo la produzione.
Le ondate di calore e la siccità stanno minacciando la sopravvivenza stessa di molte specie vegetali, ponendo un serio problema per il futuro della medicina. Come sottolinea il Professor Newton, “la perdita di biodiversità è una tragedia per l’umanità. Ci sono piante che stiamo perdendo che potrebbero avere benefici straordinari per la salute umana.”
Un futuro incerto per la medicina naturale
Molte delle scoperte più importanti nella farmacologia derivano da programmi di ricerca pubblici, come quello che ha portato alla scoperta del Taxol, il chemioterapico estratto dal tasso del Pacifico. Tuttavia, il crescente predominio delle aziende farmaceutiche private nella ricerca rischia di frenare l’interesse per i farmaci di origine naturale. Le industrie tendono a evitare lo studio di composti vegetali perché non possono brevettare qualcosa che esiste già in natura, rendendo meno redditizi gli investimenti.
Per questo motivo, il finanziamento pubblico della ricerca diventa cruciale per non perdere potenziali cure nascoste nel mondo vegetale. Con la distruzione degli habitat naturali, il rischio è che molte piante con proprietà medicinali scompaiano prima ancora di essere studiate.
Se in passato la natura ha fornito all’umanità alcuni dei farmaci più importanti della storia, oggi la sfida è proteggere questa incredibile fonte di risorse terapeutiche. Prima che sia troppo tardi.