Un recente studio pubblicato su Nature Communications ha rivelato dettagli inediti sulla misteriosa Dama Rossa di El Mirón, una figura iconica del Paleolitico. Attraverso l’analisi del DNA antico sedimentario (sedaDNA), gli studiosi hanno ottenuto nuove informazioni sulla sua eredità genetica e sulla fauna carnivora che frequentava la grotta spagnola in sua assenza.
Una sepoltura intrisa di simbolismo
Sebbene gli archeologi abbiano iniziato a esplorare El Mirón nel 1996, la scoperta della Dama Rossa risale al 2010. Il suo scheletro, sorprendentemente ben conservato, era nascosto in un angusto spazio dietro un grande blocco di calcare inciso con segni enigmatici. Una particolare incisione a “V” potrebbe aver indicato la presenza di una sepoltura femminile, suggerendo una pratica rituale ben definita.
L’elemento più affascinante della scoperta è la presenza diffusa di ocra rossa sulle ossa della Dama. Questo pigmento, probabilmente trasportato da un’area esterna alla grotta, sembra essere stato utilizzato in un contesto cerimoniale. La sepoltura non fu priva di disturbi: segni di morsi su una tibia suggeriscono che un grande carnivoro, forse un lupo, abbia dissotterrato parzialmente il corpo. Tuttavia, in seguito, la sepoltura fu ripristinata con ulteriore ocra, a dimostrazione di un rituale che continuò nel tempo.
L’eredità genetica della Dama Rossa
L’analisi genetica ha permesso di identificare tre campioni di DNA umano appartenenti al lignaggio solutreano. Questa cultura, nota per la sua sofisticata produzione di utensili in pietra, si diffuse nel sud-ovest della Francia e nella Penisola Iberica durante l’Ultimo Massimo Glaciale (LGM), tra 26.000 e 19.000 anni fa. Gli individui di questa popolazione migrarono verso sud in cerca di rifugi più temperati, lasciando un’impronta genetica nella discendenza della Dama Rossa.
Gli studiosi ipotizzano che El Mirón abbia rappresentato un rifugio strategico per gli esseri umani di quel periodo, offrendo riparo dalle rigide condizioni climatiche dell’era glaciale. In futuro, l’obiettivo sarà l’estrazione di DNA nucleare dai sedimenti della grotta, una tecnica che potrebbe rivelare dettagli ancora più precisi sulla composizione genetica degli abitanti preistorici della regione.
Una grotta abitata da predatori
Lo studio ha anche evidenziato la frequente presenza di carnivori nella grotta di El Mirón durante il Paleolitico. Poiché i resti fisici di animali sono rari nel sito, i ricercatori hanno analizzato il DNA sedimentario per ricostruire l’antica biodiversità della zona.
Tra i carnivori identificati figurano iene maculate, linci iberiche e cuon, un canide selvatico attualmente diffuso solo in Asia orientale e sudorientale. Questi predatori probabilmente visitavano la grotta in cerca di cibo avanzato dagli esseri umani.
Oltre ai carnivori, sono state trovate tracce di erbivori preistorici, tra cui renne, rinoceronti lanosi e mammut. Questi dati confermano che la grotta di El Mirón era situata in un ambiente ricco di megafauna, popolato da grandi mammiferi tipici dell’era glaciale.
L’impiego del DNA antico sedimentario si è rivelato uno strumento fondamentale per colmare le lacune lasciate dai resti ossei, aprendo nuove prospettive nello studio delle interazioni tra uomini e animali nel Paleolitico.