Il cannibalismo umano nell’Europa preistorica è stato a lungo oggetto di dibattito tra gli archeologi. Ora, una scoperta nella Grotta di Maszycha, in Polonia, fornisce nuove prove concrete che questa pratica fosse diffusa tra i nostri antenati circa 18.000 anni fa, durante l’era magdaleniana.
Uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori ha rivelato dettagli inquietanti sulle pratiche mortuarie e alimentari delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore. Le analisi condotte su 63 frammenti di ossa umane dimostrano chiaramente che i corpi venivano deliberatamente smembrati e consumati per la loro carne, con particolare attenzione al cervello e al midollo osseo, fonti essenziali di nutrienti.
Nuove evidenze di cannibalismo nell’era magdaleniana
Gli archeologi hanno utilizzato tecniche avanzate di microscopia 3D per esaminare i resti ritrovati nella Grotta di Maszycha. I risultati hanno rivelato segni di taglio e fratture intenzionali, simili a quelli riscontrati nei processi di macellazione degli animali.
I dettagli emersi dallo studio includono:
- Tagli netti sul cranio, indicativi della rimozione del cuoio capelluto e della carne.
- Fratture delle ossa lunghe, suggerendo l’estrazione del midollo osseo, una fonte primaria di grassi e proteine.
- Segni di manipolazione del cranio, compatibili con la rimozione del cervello, un nutriente altamente energetico.
Secondo Francesc Marginedas, autore principale dello studio, “la disposizione e la frequenza dei segni di taglio sulle ossa escludono un trattamento funerario tradizionale. La manipolazione dei resti umani dimostra un chiaro intento di sfruttamento nutrizionale dei corpi”.
Cannibalismo rituale o necessità di sopravvivenza?
L’ipotesi del cannibalismo preistorico non è nuova. Numerosi siti archeologici europei hanno fornito indizi su pratiche simili, ma la ricerca sulla Grotta di Maszycha rafforza l’idea che il cannibalismo non fosse un evento sporadico, bensì una componente culturale delle comunità magdaleniane.
In Francia, ad esempio, segni di taglio sulle ossa sono stati riscontrati in 93 individui, rappresentando circa il 40% dei resti umani ritrovati per quel periodo. Tuttavia, l’interpretazione di questi segni ha diviso gli studiosi: alcuni ritengono che si tratti di pratiche rituali per la pulizia delle ossa, mentre altri sostengono che siano chiari segni di consumo umano.
La Dr.ssa Palmira Saladié, coautrice dello studio, sottolinea che il cannibalismo nell’antichità poteva rispondere a diversi fattori, tra cui:
- Necessità di sopravvivenza, in periodi di carenza alimentare.
- Rituali funerari, per onorare i defunti attraverso il consumo del loro corpo.
- Conflitti tra gruppi umani, dove il cannibalismo poteva essere usato come forma di intimidazione o vendetta.
Il cannibalismo era parte della cultura magdaleniana?
Attualmente, gli archeologi hanno individuato almeno cinque siti europei risalenti a 18.000 anni fa con evidenti tracce di cannibalismo umano. Le nuove scoperte della Grotta di Maszycha suggeriscono che questa pratica fosse diffusa e parte integrante della cultura magdaleniana.
Un’ipotesi interessante riguarda le conseguenze dell’Ultimo Massimo Glaciale: l’aumento della popolazione e la scarsità di risorse potrebbero aver intensificato la competizione per il cibo, portando a conflitti tra gruppi umani e a episodi di cannibalismo di guerra.
Le nuove prove emerse dallo studio permettono agli scienziati di ridefinire il ruolo del cannibalismo nelle società preistoriche, mostrando come potesse essere una strategia di sopravvivenza o un rituale sociale ben radicato.