Alla fine degli anni ’80, entrare nella stanza dove si trovava il Piede d’Elefante, la massa di materiale fuso generatasi dopo l’esplosione del Reattore 4 di Chernobyl, sarebbe stato un suicidio. Bastavano pochi secondi accanto a questa formazione per subire un’esposizione mortale alle radiazioni, con sintomi immediati come nausea, febbre e perdita di lucidità mentale. Questa colossale massa radioattiva, nascosta nei sotterranei della centrale nucleare, è uno dei più inquietanti resti del peggior disastro nucleare d’Europa.
L’incidente si verificò il 26 aprile 1986, quando un test di sicurezza mal eseguito portò alla catastrofica esplosione del reattore. La temperatura estrema generata dall’incidente fuse le barre di combustibile nucleare, il contenitore del reattore e altri materiali circostanti, creando un miscuglio incandescente che si solidificò nel tempo. Questo composto, noto come materiale contenente combustibile (FCM), è estremamente pericoloso e continua a emettere radiazioni elevate.
Il Piede d’Elefante: il mostro radioattivo di Chernobyl
Subito dopo l’esplosione, il Piede d’Elefante emetteva circa 10.000 roentgen di radiazioni ionizzanti all’ora, un livello letale per chiunque vi si avvicinasse. Per dare un’idea, un’esposizione di 500 roentgen per cinque ore è sufficiente a provocare la morte. La massa, formata da uranio, silicio, grafite e metalli fusi, continuò a bruciare lentamente il pavimento della centrale, penetrando nei livelli inferiori della struttura.
Con il passare degli anni, l’attività radioattiva del Piede d’Elefante è diminuita, permettendo agli scienziati di studiarlo più da vicino. Nel 1996, il fotografo e esperto nucleare Artur Korneyev immortalò la massa, diventando uno dei primi esseri umani a osservarla direttamente. Sebbene il suo destino non sia del tutto chiaro, si ritiene che sia deceduto nel 2022 a causa delle malattie sviluppate per l’esposizione prolungata alle radiazioni.
Dalla roccia indistruttibile alla sabbia radioattiva
Negli anni successivi al disastro, il Piede d’Elefante era talmente duro che i ricercatori dovettero usare un fucile d’assalto Kalashnikov per prelevare frammenti da analizzare. Oggi, tuttavia, la massa si è deteriorata e ha assunto una consistenza più friabile. Secondo lo scienziato Maxim Saveliev, nel 2021 il materiale era ormai ridotto a una polvere simile alla sabbia.
Nonostante il suo decadimento, il Piede d’Elefante resta un simbolo inquietante della catastrofe di Chernobyl e un monito sui pericoli dell’energia nucleare fuori controllo. L’area in cui si trova rimane altamente contaminata e inaccessibile al pubblico, a dimostrazione di quanto le conseguenze di quel disastro continuino a farsi sentire ancora oggi.