L’inquinamento atmosferico non è solo un problema per la salute umana, ma ha anche un ruolo complesso nel bilancio energetico della Terra. Storicamente, le particelle inquinanti hanno avuto un effetto di raffreddamento, riflettendo la luce solare nello spazio e mitigando, in parte, il riscaldamento causato dai gas serra. Tuttavia, con le recenti politiche di riduzione delle emissioni, questo scudo artificiale sta scomparendo, con potenziali conseguenze allarmanti sul clima globale.
L’inquinamento come freno al riscaldamento globale
Il climatologo James Hansen, noto per aver allertato il Congresso degli Stati Uniti sul riscaldamento globale negli anni ’80, ha recentemente ribadito che la riduzione dell’inquinamento atmosferico potrebbe aver avuto un impatto più forte del previsto nell’accelerare il riscaldamento del pianeta. Secondo Hansen, l’umanità ha fatto un “patto faustiano” utilizzando gli aerosol per compensare circa la metà dell’effetto di riscaldamento dovuto ai gas serra. Ora che gli aerosol stanno diminuendo, il calore intrappolato dai gas serra si manifesta in tutta la sua intensità.
Tuttavia, non tutti gli scienziati concordano con questa valutazione. Michael Diamond, dell’Università della Florida, sostiene che le conclusioni di Hansen siano vicine al limite superiore della plausibilità. Secondo lui, è ancora incerto quanto le riduzioni degli aerosol abbiano effettivamente contribuito al recente aumento delle temperature.
Il 2023 e il 2024: anni di temperature record
Gli ultimi due anni hanno visto temperature medie globali senza precedenti, alimentando il dibattito sull’eventuale accelerazione del riscaldamento globale. I principali responsabili di questo aumento sono i gas serra e un Oceano Pacifico in riscaldamento, ma altri fattori sembrano aver giocato un ruolo nell’aumento delle temperature oltre le previsioni.
Hansen e il suo team suggeriscono che una delle principali cause di questo picco possa essere proprio la riduzione dell’inquinamento atmosferico, in particolare quella legata alle emissioni delle navi.
Il ruolo delle emissioni navali
Uno dei cambiamenti più significativi negli ultimi anni è stata una regolamentazione del 2020 che ha ridotto drasticamente la quantità di zolfo nei combustibili utilizzati per la navigazione. Questo ha abbassato l’inquinamento atmosferico sugli oceani, offrendo un’opportunità unica per studiare l’impatto climatico degli aerosol.
Analizzando le rotte di navigazione nel Pacifico, Hansen e i suoi colleghi hanno misurato il cambiamento nella radiazione solare assorbita dalla Terra in seguito alla diminuzione degli aerosol marini. Secondo i loro calcoli, questa riduzione avrebbe aumentato lo squilibrio energetico terrestre di circa 0,5 watt per metro quadrato, un valore paragonabile all’effetto di un decennio di emissioni di anidride carbonica ai livelli attuali.
Se questa stima fosse corretta, spiegherebbe l’aumento di temperatura osservato negli ultimi due anni. Ma soprattutto, significherebbe che l’inquinamento atmosferico ha finora mascherato l’impatto reale dei gas serra, suggerendo che il pianeta potrebbe riscaldarsi più rapidamente di quanto previsto.
Il rischio di superare i punti di non ritorno
Hansen avverte che questa maggiore sensibilità del clima ai gas serra potrebbe accelerare il raggiungimento di punti critici irreversibili, come il rallentamento della Circolazione Atlantica Meridionale o il collasso della calotta glaciale dell’Antartide occidentale. Per contrastare questo fenomeno, propone di prendere in seria considerazione strategie di geoingegneria solare per raffreddare artificialmente il pianeta.
Tuttavia, molti scienziati mettono in dubbio la stima di Hansen. Tianle Yuan, dell’Università del Maryland, ritiene che l’effetto degli aerosol navali sia stato sovrastimato e che il valore di 0,5 watt per metro quadrato sia superiore rispetto ad altre valutazioni. Gavin Schmidt, della NASA, aggiunge che attribuire interamente il cambiamento nella radiazione solare agli aerosol di navigazione potrebbe essere errato, poiché ci sono altri fattori da considerare, come la riduzione dell’inquinamento in Cina e la naturale variabilità climatica.
Infine, Shiv Priyam Raghuraman, dell’Università dell’Illinois Urbana-Champaign, sostiene che il picco di temperatura del 2023 potrebbe essere spiegato anche senza chiamare in causa gli aerosol, ma solo analizzando le dinamiche delle temperature oceaniche. Per questo motivo, secondo lui, è necessario approfondire ulteriormente gli studi per conciliare le diverse stime dell’effetto di riscaldamento dovuto agli aerosol.