Un pianeta gigante gassoso, così vicino alla sua stella da completare un’orbita in appena 1,3 giorni terrestri, è stato osservato in modo dettagliato dagli astronomi grazie al telescopio Gemini South in Cile. Il suo nome è WASP-121b, ed è un mondo così estremo da essere soprannominato “marshmallow arrostito”: un corpo celeste gonfio, ultra-caldo e soggetto a fenomeni atmosferici estremi, come piogge di metallo liquido, rubini e zaffiri.
Le nuove scoperte sulla sua chimica hanno complicato ulteriormente il mistero della sua formazione, mettendo in discussione le teorie classiche su come si sviluppano i cosiddetti Giove caldi, ovvero quei pianeti gassosi giganti molto più massicci di Giove che orbitano vicinissimi alle loro stelle madri.
Un mondo infernale: le condizioni estreme di WASP-121b
Situato a 858 anni luce dalla Terra, WASP-121b è un gigante gassoso con una massa 1,2 volte quella di Giove, ma con un volume notevolmente superiore, che lo rende 1,9 volte più largo del più grande pianeta del Sistema Solare. La sua orbita strettissima attorno alla stella madre lo porta ad essere bloccato marealmente, il che significa che lo stesso emisfero è sempre rivolto verso la stella, subendo un riscaldamento costante e intenso.
Le temperature sul lato diurno raggiungono i 2.500°C, abbastanza da vaporizzare metalli come ferro e magnesio. Questi elementi, sotto forma di vapore, vengono trasportati dai venti fortissimi che soffiano fino a 17.700 km/h verso il lato notturno, dove si raffreddano e cadono sotto forma di pioggia metallica.
Il mistero della formazione di WASP-121b
Le teorie tradizionali suggeriscono che i Giove caldi si formino inizialmente in regioni più lontane dalla loro stella, in modo simile a Giove e Saturno nel nostro Sistema Solare, per poi migrare gradualmente verso l’interno. Questo processo avviene perché nelle zone più esterne del disco protoplanetario (la nube di gas e polveri che circonda una giovane stella) è presente ghiaccio, che fornisce il materiale necessario per l’accrescimento di un gigante gassoso.
Tuttavia, i dati chimici raccolti da WASP-121b non sembrano supportare questo modello. Gli scienziati hanno scoperto un’abbondanza di materiali rocciosi che suggerisce che il pianeta si sia formato molto più vicino alla sua stella rispetto a quanto previsto. Se questo fosse vero, metterebbe in crisi il modello secondo cui i giganti gassosi necessitano di ghiaccio per formarsi.
La scoperta rivoluzionaria grazie allo spettrografo IGRINS
Per analizzare la composizione chimica di WASP-121b, i ricercatori hanno utilizzato lo spettrografo IGRINS (Immersion GRating INfrared Spectrograph) montato sul telescopio Gemini South. Questo strumento ha permesso, per la prima volta, di misurare simultaneamente gli elementi rocciosi e gassosi presenti nell’atmosfera di un esopianeta senza necessità di usare strumenti multipli.
Le precedenti analisi sugli esopianeti richiedevano diversi strumenti, alcuni capaci di rilevare i materiali rocciosi solidi e altri specializzati nella materia gassosa. Ma grazie a IGRINS, il team ha ottenuto dati più precisi di quelli forniti dai telescopi spaziali.
Il commento degli scienziati
Secondo Peter Smith, ricercatore del Roasting Marshmallows Program, il livello di precisione raggiunto apre nuove possibilità di indagine:
“I dati da terra ottenuti con Gemini South e IGRINS sono stati così dettagliati da permetterci di misurare le singole abbondanze chimiche in modo più accurato di quanto potessero fare anche i telescopi spaziali.”
L’analisi ha rivelato che WASP-121b contiene una quantità insolitamente alta di materiali rocciosi, il che suggerisce che si sia formato in una regione del disco protoplanetario troppo calda perché il ghiaccio potesse condensarsi. Questo è un problema per i modelli classici, che prevedono la necessità del ghiaccio per la nascita di un gigante gassoso.
“Il clima di questo pianeta è così estremo che perfino metalli come ferro e magnesio vengono vaporizzati nella sua atmosfera,” ha aggiunto Smith.
Nuove prospettive sulla formazione dei pianeti giganti
Se i dati di WASP-121b sono corretti, significa che i giganti gassosi possono formarsi senza la presenza di ghiaccio, in condizioni molto più calde di quanto si pensasse. Questo costringerebbe gli scienziati a rivedere i modelli di formazione planetaria e a considerare la possibilità che i Giove caldi non migrino necessariamente dalle zone esterne del sistema planetario, ma possano nascere direttamente in orbite strette attorno alle loro stelle.
Il team di ricerca, guidato da Smith, ha ora intenzione di estendere l’indagine ad altri Giove ultra-caldi, utilizzando una versione aggiornata dello strumento, IGRINS-2, che permetterà di analizzare con maggiore precisione le atmosfere di pianeti simili.
Le implicazioni della scoperta
Le nuove misurazioni potrebbero cambiare il nostro modo di interpretare la formazione dei pianeti giganti e spiegare perché nel nostro Sistema Solare non esistano Giove caldi. Studiando altri esopianeti ultra-caldi, gli scienziati potranno determinare se WASP-121b è un’eccezione o se invece il nostro modello attuale di formazione planetaria necessita di essere riscritto.
Questa ricerca, pubblicata il 2 dicembre su The Astronomical Journal, è solo l’inizio di una nuova era nello studio degli esopianeti estremi, mondi che sembrano sfidare tutto ciò che pensavamo di sapere sulla nascita dei sistemi planetari.