La crescente quantità di detriti spaziali che orbitano attorno alla Terra, e presto anche alla Luna e a Marte, rappresenta un pericolo significativo per le infrastrutture spaziali e le comunicazioni terrestri. Tre scienziati hanno recentemente sottolineato la necessità di regolamentare il traffico spaziale, proponendo un confronto con le linee guida adottate per l’estrazione in acque profonde. Sebbene queste norme siano state introdotte a livello internazionale, la loro applicazione è ancora limitata, un problema che potrebbe ripetersi nella gestione dei rifiuti spaziali.
La minaccia invisibile dei detriti spaziali
L’idea che lo spazio sia un’area vastissima e illimitata è fuorviante. Attualmente, sono presenti circa 30.000 oggetti artificiali in orbita terrestre, e il loro numero è destinato a crescere rapidamente nei prossimi decenni. Solo il progetto Starlink di Elon Musk impiega oltre 7.500 satelliti. La congestione dello spazio rischia di compromettere intere orbite, rendendole inutilizzabili e aumentando il rischio di collisioni catastrofiche.
Il problema principale non è rappresentato tanto dai detriti che rientrano nell’atmosfera e cadono sulla Terra—sebbene nel gennaio 2025 un frammento di razzo sia precipitato in Kenya—quanto dalla possibilità che le collisioni tra detriti possano causare blackout globali nei sistemi di comunicazione. La perdita di satelliti potrebbe avere conseguenze devastanti sulle reti GPS, sulle comunicazioni telefoniche e persino sull’accesso a Internet.
Il rischio della Sindrome di Kessler
L’astronauta Donald Kessler, nel 1978, ha teorizzato un effetto a catena noto come Sindrome di Kessler: quando due oggetti collidono in orbita, generano una pioggia di frammenti che, a loro volta, possono distruggere altri satelliti, causando una reazione a catena incontrollabile. Questo scenario, considerato sempre più plausibile, potrebbe paralizzare l’industria spaziale, il cui valore attuale si avvicina al trilione di dollari.
Secondo i modelli sviluppati dalla NASA e dall’Agenzia Spaziale Europea, la quantità di detriti presenti nello spazio ha già raggiunto un livello critico. Se non si interviene rapidamente con regolamentazioni efficaci, il rischio di una collisione a catena potrebbe diventare inevitabile.
Un precedente nell’estrazione in acque profonde
Gli scienziati che hanno lanciato l’allarme sui detriti spaziali fanno un parallelismo con l’industria dell’estrazione mineraria in acque profonde. Le Nazioni Unite, dopo anni di discussioni, hanno definito delle linee guida per questa attività, ma le regole attuali sono volontarie e prive di un meccanismo di applicazione. Il risultato è che l’impatto ambientale dell’estrazione nei fondali oceanici resta praticamente incontrollato.
Lo stesso rischio esiste per lo spazio esterno. Attualmente, non esiste un’agenzia internazionale con il potere di far rispettare regole precise sulla gestione dei detriti spaziali. Molti satelliti e sonde vengono abbandonati in orbita senza un piano per la loro rimozione, aumentando il livello di inquinamento spaziale.
Necessità di nuove regolamentazioni internazionali
Secondo Joe Pelton, esperto di diritto spaziale e coautore dello studio, i piani futuri per insediamenti sulla Luna e su Marte devono includere disposizioni chiare per la pulizia delle orbite e la gestione dei rifiuti spaziali. L’attuale assenza di regolamenti vincolanti significa che lo spazio potrebbe diventare presto una discarica orbitale, con effetti negativi a lungo termine sulle missioni spaziali.
Il commento degli scienziati si conclude con un appello per l’adozione di norme vincolanti a livello internazionale. La regolamentazione dei detriti spaziali non può essere lasciata alla buona volontà delle aziende private e delle singole nazioni. Servono accordi globali che garantiscano la protezione delle orbite terrestri, lunari e marziane, prevenendo il rischio di una contaminazione incontrollata.
L’inquinamento spaziale non è più un problema del futuro: è una sfida attuale che necessita di soluzioni immediate.