Un nuovo libro stimolante esamina il modo in cui gli esseri umani – e persino gli elefanti – si sono evoluti per gestire il rischio. Potremmo imparare molto da questi grandi mammiferi e forse, se adottassimo un approccio più simile al loro, eviteremmo di mettere in pericolo il nostro stesso pianeta.
Come percepiamo il rischio: un confronto tra uomini ed elefanti
Per comprendere il rapporto tra l’uomo e il rischio, è utile osservare come altre specie affrontano situazioni potenzialmente pericolose. Per molto tempo, gli scienziati hanno studiato l’evoluzione animale principalmente in relazione alle parentele tra le specie. In passato, si tendeva a considerare gli esseri umani come una versione avanzata degli scimpanzé. Tuttavia, col tempo, le prospettive si sono ampliate.
Oggi, gli studiosi guardano anche agli ecosistemi e al modo in cui le creature sviluppano strategie di sopravvivenza simili, indipendentemente dalla loro genealogia. Questo fenomeno, noto come evoluzione convergente, mostra come la selezione naturale possa portare a soluzioni analoghe in specie molto diverse.
Un esempio chiaro di evoluzione convergente si trova negli ambienti acquatici: vertebrati marini come delfini, squali e ichthyosauri preistorici hanno sviluppato forme del corpo aerodinamiche per muoversi con efficienza nell’acqua.
Allo stesso modo, la gestione del rischio negli elefanti e negli umani ha subito processi di evoluzione separati, ma con alcuni sorprendenti punti in comune.
Gli elefanti e la gestione del rischio
Gli elefanti vivono in gruppi sociali complessi, guidati da matriarche che basano le loro decisioni sull’esperienza e sulla prudenza. La loro capacità di riconoscere il pericolo è affinata dall’osservazione e dalla memoria. Ad esempio, sanno distinguere le voci umane e reagire in modo differente a seconda del tono e dell’accento, un’abilità che li aiuta a evitare potenziali minacce.
Gli elefanti prendono decisioni con una lente di lungo periodo: proteggono le loro risorse, si spostano strategicamente in cerca di cibo e acqua e raramente si espongono a rischi inutili. Questo atteggiamento li aiuta a garantire la sopravvivenza della specie.
Gli esseri umani e la tendenza al rischio estremo
Al contrario degli elefanti, gli esseri umani hanno sviluppato una gestione del rischio molto più aggressiva, spesso influenzata dall’economia, dalla tecnologia e dalla cultura.
Un esempio emblematico è il comportamento dei trader di Wall Street, che operano in ambienti di alta pressione dove il rischio è considerato una leva per il profitto. Le istituzioni finanziarie spesso assumono rischi enormi, con la speranza di ottenere guadagni sproporzionati. Tuttavia, come dimostrano crisi economiche come quella del 2008, questa mentalità può avere conseguenze devastanti.
Allo stesso modo, l’espansione industriale e l’uso indiscriminato delle risorse naturali dimostrano come l’umanità sia disposta a compromettere il futuro del pianeta per ottenere vantaggi immediati. Il cambiamento climatico, la deforestazione e l’estinzione di massa delle specie sono il risultato di una mentalità a breve termine, che privilegia il profitto sulla sostenibilità.
Il rischio e il destino della Terra
Se gli elefanti prendono decisioni basate sulla conservazione e sulla prudenza, gli umani sembrano sempre più inclini a rischi calcolati male, che potrebbero avere conseguenze irreversibili per il pianeta.
Il problema fondamentale sta nella nostra incapacità di valutare il rischio a lungo termine. L’evoluzione ci ha resi bravissimi a reagire a pericoli immediati, come un predatore o una crisi improvvisa, ma molto meno abili nel riconoscere le minacce lente e progressive, come il cambiamento climatico o l’esaurimento delle risorse naturali.
Mentre gli elefanti insegnano prudenza e gestione equilibrata del rischio, l’umanità sembra più incline a comportarsi come un trader di Wall Street pronto a giocarsi tutto in un’unica scommessa. Ma il problema è che stavolta la scommessa riguarda l’intero pianeta.