Un nuovo studio ha rivelato la presenza di enormi corpi magmatici sotto alcuni vulcani della Catena delle Cascate, negli Stati Uniti, sfidando le precedenti teorie sulla loro evoluzione. I risultati potrebbero cambiare radicalmente il modo in cui i geologi prevedono e monitorano le eruzioni.
Vulcani attivi, dormienti ed estinti: una classificazione più complessa del previsto
Generalmente, i vulcani vengono classificati in tre categorie: attivi, dormienti ed estinti. I primi sono quelli con un passato recente di eruzioni, i secondi sono inattivi da molto tempo ma potrebbero risvegliarsi, mentre i vulcani estinti non presentano più alcun rischio di eruzione.
Si è a lungo creduto che i vulcani attivi avessero ampie camere magmatiche, le quali, dopo un’eruzione, si svuotano e si disperdono quando il vulcano entra in stato dormiente. Tuttavia, nuove ricerche condotte dalla Cornell University mettono in discussione questa visione, suggerendo che grandi quantità di magma persistano a lungo sotto la superficie, anche nei vulcani apparentemente inattivi.
L’analisi sismica della Catena delle Cascate
Il team di ricerca ha analizzato l’intera Catena delle Cascate, un sistema montuoso che si estende dal sud della Columbia Britannica (Canada) fino alla California settentrionale (USA). Grazie a modelli elaborati utilizzando i dati delle onde sismiche, gli scienziati hanno individuato grandi serbatoi di magma sotto tutti i vulcani esaminati, inclusi quelli considerati dormienti.
L’US Geological Survey (USGS) ha spiegato che l’origine di questi vulcani è legata alla subduzione della placca oceanica sotto il Nord America, un processo che libera acqua e provoca la fusione della roccia sovrastante. La Catena delle Cascate ospita alcuni dei vulcani più noti degli Stati Uniti, tra cui il Mount St. Helens, il Mount Rainier, il Mount Hood e il Crater Lake, un vulcano che non erutta da circa 4.800 anni.
Magma sotto i vulcani dormienti: una scoperta sorprendente
Secondo il capo del team di ricerca, Guanning Pang, la scoperta indica che grandi corpi di magma rimangono sotto i vulcani per tutta la loro esistenza, indipendentemente dal fatto che siano attivi o dormienti.
Gli scienziati hanno osservato che, nonostante alcune differenze tra i vulcani della catena, le dimensioni delle camere magmatiche e la loro profondità risultano simili. Tuttavia, la quantità di magma fuso è inferiore al 35%, una percentuale necessaria affinché il vulcano possa effettivamente entrare in eruzione.
Questa scoperta sfida l’idea che le eruzioni svuotino le camere magmatiche, suggerendo invece che esse subiscano solo un parziale rilascio di pressione. Ad esempio, nel caso del Mount St. Helens, l’eruzione del 1980 ha rilasciato un volume di magma di 0,5 km³, mentre la quantità totale di magma presente nella crosta superiore è stimata tra 8,5 e 171 km³.
Il team ritiene che questi serbatoi si ricarichino costantemente, crescendo nel corso di centinaia di migliaia di anni, senza necessariamente provocare un’eruzione.
Implicazioni per la previsione delle eruzioni vulcaniche
Questa nuova visione potrebbe migliorare il monitoraggio e la previsione delle eruzioni vulcaniche.
Finora, si pensava che una maggiore quantità di magma significasse un rischio più elevato di eruzione. Tuttavia, la ricerca suggerisce che la presenza di enormi corpi magmatici potrebbe essere la norma, piuttosto che un segnale imminente di attività.
Secondo Geoffrey Abers, professore di scienze geologiche, un quadro più chiaro della distribuzione del magma potrebbe migliorare la capacità di identificare i vulcani più pericolosi. Attualmente, molti vulcani sono scarsamente monitorati, rendendo difficile una valutazione precisa del rischio.
Il team ha annunciato che condurrà ulteriori indagini su diverse camere magmatiche, comprese quelle sotto vulcani dell’Alaska. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature Geoscience.