Negli ultimi anni, un composto chimico ha attirato grande attenzione nella lotta contro il cancro, dimostrando un’efficacia sorprendente. Ora, nuove ricerche suggeriscono che l’EBC-46, noto anche come tigilanol tiglato, potrebbe avere un ruolo cruciale anche nella cura dell’HIV. Questo composto deriva dai semi dell’albero blushwood (Fontainea picrosperma), una specie rara che cresce esclusivamente nelle foreste pluviali del nord-est dell’Australia.
Scoperto circa dieci anni fa grazie a uno screening automatizzato condotto dalla società australiana QBiotics, l’EBC-46 è noto per la sua capacità di interagire con enzimi chiave, in particolare le proteina chinasi C (PKC). Questi enzimi svolgono un ruolo fondamentale nella segnalazione cellulare, influenzando processi critici come crescita cellulare, apoptosi (morte cellulare programmata) e risposta immunitaria.
La connessione tra l’EBC-46 e la cura dell’HIV ha suscitato l’interesse degli scienziati della Stanford University, che stanno esplorando il suo potenziale terapeutico. Le attuali terapie per l’HIV, basate sui farmaci antiretrovirali (ART), consentono ai pazienti di gestire la malattia, trasformandola da letale a cronica e controllabile, ma presentano limiti significativi: costi elevati, accesso limitato e necessità di assunzione a vita.
La necessità di nuove strategie contro l’HIV
Dall’individuazione dell’HIV negli anni ’80, il virus ha infettato quasi 90 milioni di persone, causando la morte di circa 45 milioni di individui, secondo il Programma congiunto delle Nazioni Unite sull’HIV/AIDS (UNAIDS). Oggi, si stima che circa 40 milioni di persone convivano con il virus, con quasi due milioni di nuove infezioni ogni anno.
Secondo Paul Wender, professore di chimica alla Stanford University e autore principale dello studio, è fondamentale trovare soluzioni per ridurre la dipendenza dalle attuali terapie, specialmente nei paesi in via di sviluppo, dove l’accesso ai farmaci è spesso limitato.
Un aspetto critico dell’HIV è la capacità del virus di rimanere latente all’interno delle cellule del sistema immunitario, sfuggendo così ai farmaci e alle difese dell’organismo. Queste cellule dormienti fungono da serbatoio virale, rendendo impossibile la completa eradicazione dell’infezione con i trattamenti attuali.
L’EBC-46 e la riattivazione del virus latente
Lo studio condotto da Wender e colleghi si è concentrato sull’uso dell’EBC-46 come “agente di inversione della latenza”, ovvero un composto in grado di riattivare le cellule infette dormienti, esponendole così alle terapie.
Il team ha testato 15 analoghi dell’EBC-46, ovvero composti chimici simili al principio attivo naturale, con l’obiettivo di potenziarne l’efficacia. I risultati sono stati sorprendenti: alcuni di questi composti hanno riattivato il 90% delle cellule latenti trattate, un valore quattro volte superiore rispetto a quello ottenuto con il miglior agente di inversione della latenza noto finora, il bryostatin, che raggiunge solo il 20%.
Secondo Wender, questi dati rappresentano un passo importante verso l’eradicazione dell’HIV, poiché dimostrano che l’EBC-46 e i suoi analoghi sono eccezionalmente efficaci nel riattivare il virus latente.
L’approvazione dell’EBC-46 per il trattamento dei tumori
Oltre al suo potenziale nella cura dell’HIV, l’EBC-46 ha già dimostrato una straordinaria efficacia nel trattamento dei tumori. Nel 2024, la Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha approvato un farmaco basato su questo composto per la cura dei sarcomi dei tessuti molli negli esseri umani.
In ambito veterinario, un farmaco derivato dall’EBC-46 è stato utilizzato con successo nel trattamento dei tumori mastocitari nei cani, con un tasso di guarigione dell’80%.
Grazie a queste scoperte, i ricercatori di Stanford stanno ora testando l’EBC-46 su modelli animali affetti da HIV, con l’obiettivo di avviare, in futuro, studi clinici sull’uomo.
“Il fatto che possiamo fare una differenza concreta nella vita delle persone con l’EBC-46 è ciò che ci motiva ogni giorno”, ha dichiarato Wender.
Questi risultati aprono prospettive entusiasmanti per la lotta contro l’HIV e altre gravi patologie, suggerendo che l’EBC-46 potrebbe diventare un elemento chiave in una nuova era della medicina antivirale e oncologica.