A partire dal 1° gennaio 2026, gli Stati Uniti imporranno un divieto sulle importazioni di frutti di mare provenienti da pescherie e paesi che non rispettano gli standard statunitensi di protezione dei mammiferi marini. Questa decisione arriva dopo anni di rinvii e una battaglia legale portata avanti da gruppi di conservazione, che hanno spinto il governo americano ad applicare finalmente la legge.
Perché gli Usa bloccano le importazioni di frutti di mare
L’obiettivo di questa misura è contrastare la cattura accidentale di mammiferi marini nelle reti da pesca, un problema che causa ogni anno la morte di oltre 650.000 esemplari tra balene, delfini e foche. Secondo il Center for Biological Diversity (CBD), molti animali muoiono annegati, mentre quelli che riescono a liberarsi riportano spesso ferite gravi, come ossa fratturate, lacerazioni e amputazioni, che li condannano a una lenta agonia.
“L’impigliamento nelle attrezzature da pesca è una delle principali minacce per la sopravvivenza dei mammiferi marini,” ha dichiarato Georgia Hancock, avvocato senior dell’Animal Welfare Institute.
Il divieto americano impone che ogni paese esportatore dimostri di rispettare regole rigorose per prevenire questi incidenti, altrimenti i suoi prodotti ittici non potranno più essere venduti negli Usa.
Il peso economico del provvedimento: cosa cambia per il mercato
Gli Stati Uniti sono tra i principali importatori di frutti di mare al mondo, con acquisti per un valore di 25,5 miliardi di dollari nel 2023. Questo significa che il nuovo divieto avrà un impatto significativo sulle economie dei paesi esportatori, che dovranno adeguarsi alle nuove normative se vogliono continuare a vendere nel mercato americano.
“Finalmente altri paesi saranno obbligati a ridurre la cattura accidentale di balene e delfini,” ha affermato Sarah Uhlemann, direttrice del programma internazionale al CBD.
“Gli Usa possono sfruttare il loro enorme potere di acquisto per proteggere gli oceani. È ora di agire.”
Un divieto rimasto in sospeso per oltre 50 anni
L’idea di vietare le importazioni di frutti di mare non sostenibili non è nuova. Il Marine Mammal Protection Act (MMPA), approvato negli Stati Uniti nel 1972, prevedeva già il blocco di prodotti provenienti da paesi che non adottavano misure simili a quelle americane per la tutela dei mammiferi marini.
Tuttavia, questa norma è rimasta inapplicata per decenni. Solo nel 2016, la NOAA Fisheries ha introdotto una regolamentazione più chiara, concedendo ai paesi esportatori cinque anni di tempo per conformarsi. Ma le scadenze sono state posticipate ben tre volte (nel 2020, 2022 e 2023), ritardando l’entrata in vigore della legge.
“Per anni il governo Usa ha ignorato il proprio impegno nella protezione dei mammiferi marini, lasciando che milioni di animali morissero inutilmente,” ha dichiarato Kristen Monsell, direttrice legale per gli oceani al CBD.
“Ora non possiamo più permetterci ulteriori rinvii.”
La svolta legale che ha accelerato il divieto
Stanchi dei continui ritardi, nel 2024 tre importanti organizzazioni – CBD, Animal Welfare Institute e Natural Resources Defense Council (NRDC) – hanno intentato una causa contro il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, il National Marine Fisheries Service, il Dipartimento del Tesoro e il Dipartimento della Sicurezza Interna. L’obiettivo era costringere il governo a rispettare la legge senza ulteriori scuse.
Il ricorso ha avuto successo e ha portato a un accordo legale, che sancisce l’entrata in vigore del divieto dal 1° gennaio 2026.
“Questa misura darà un sollievo ai mammiferi marini minacciati, garantirà condizioni eque per i pescatori che rispettano le regole e offrirà ai consumatori la certezza di acquistare frutti di mare sostenibili,” ha dichiarato Zak Smith, avvocato senior del NRDC.
Con questa decisione, gli Stati Uniti potrebbero spingere altri paesi a rafforzare le proprie normative sulla pesca, riducendo drasticamente il numero di mammiferi marini uccisi accidentalmente ogni anno.