Un viaggio nel tempo ci porta a circa 100 milioni di anni fa, quando un microraptoriano delle dimensioni di un passero attraversava il paesaggio dell’attuale Corea del Sud. Questo antico cugino degli uccelli moderni ha lasciato dietro di sé una serie di impronte misteriose, caratterizzate da passi sorprendentemente lunghi. Recentemente, un gruppo di paleontologi ha suggerito che questa specie utilizzasse un tipo unico di movimento aereo: il “flap-running”. I risultati di questo studio, pubblicati nel mese di ottobre sulla rivista PNAS, potrebbero migliorare la nostra comprensione delle origini del volo.
Scoperte sorprendenti: le impronte del microraptor
Un enigma paleontologico
Le impronte lasciate dal microraptoriano hanno suscitato grande interesse tra gli scienziati. Normalmente, per calcolare la velocità di un animale fossile, si utilizzano l’altezza dell’anca e la distanza tra le impronte. Tuttavia, nel caso di questo microraptor, la velocità calcolata risultava incredibilmente — e irrealisticamente — elevata. Thomas R. Holtz, specialista di dinosauri carnivori presso l’Università del Maryland e co-autore dello studio, ha spiegato che il microraptor aveva solo due dita per piede, un tratto distintivo dei dinosauri rapaci. “Come sanno tutti i fan di Jurassic Park, i rapaci camminavano su due dita, e il loro artiglio da caccia non lasciava impronte quando camminavano”, ha detto Holtz. Tuttavia, ciò che ha incuriosito i ricercatori è stata la distanza tra le impronte.
Ipotesi alternative
Il team di ricerca ha preso in considerazione diverse possibilità per spiegare le impronte. Forse mancavano alcune tracce, o magari il rapace aveva gambe simili a trampoli, come un personaggio di Dr. Seuss. Tuttavia, l’ipotesi più plausibile sembrava essere quella di un movimento aereo. I piccoli rapaci sono noti ai paleontologi per le loro lunghe piume su braccia, gambe e coda, caratteristiche delicate conservate nei depositi lacustri antichi in Cina. “Il consenso del team è che stiamo osservando un animale sospeso in aria tra queste impronte”, ha spiegato Holtz. “Tecnicamente parlando, non si tratta di una vera corsa, ed è per questo che i calcoli non tornavano.”
Il mistero del volo: un’eredità o un precursore?
Il concetto di “flap-running”
Il movimento osservato non è una vera corsa, ma un “flap-run”, che consiste nel correre mentre si sbattono le braccia piumate per ottenere un certo sollevamento, aumentando così la velocità. “Da quando abbiamo scoperto che il Microraptor e i suoi cugini avevano le ali, i ricercatori hanno sospettato che avessero una qualche forma di locomozione aerea, incluso il volo motorizzato”, ha affermato Holtz. Gli autori dello studio hanno ipotizzato che le tracce potessero rappresentare il momento in cui un microraptoriano atterrava o accelerava per decollare.
Un dibattito evolutivo
La questione del volo ha portato a un acceso dibattito all’interno della comunità paleontologica. I microraptoriani e gli uccelli hanno ereditato la locomozione aerea da un antenato comune volante, o l’hanno sviluppata indipendentemente? Anche se un giorno si dimostrasse vera la prima ipotesi, ciò non escluderebbe necessariamente la teoria del flap-running. La specie studiata potrebbe essersi evoluta lontano dal volo, mantenendo alcune delle sue caratteristiche, come lo struzzo. Nel caso della seconda ipotesi, il microraptoriano potrebbe aver posseduto alcuni dei meccanismi che si sono evoluti nel volo nei suoi discendenti. Questo potrebbe fornire indizi sul “corredo di base” che gli antenati degli uccelli potrebbero aver avuto.
L’origine del volo: una sfida evolutiva
Tracce di un passato remoto
Poiché il volo non lascia tracce come la corsa, la sua origine evolutiva è estremamente difficile da rintracciare. I fossili ossei quasi mai catturano un animale in movimento, e i fossili di tracce tendono a concentrarsi su forme di movimento più terrestri. Questo rende il fossile sudcoreano particolarmente speciale, anche se le conclusioni dei paleontologi sono solo una teoria. “Le tracce sono i resti di esseri viventi, piuttosto che di cose morte”, ha detto Holtz. “Sono state create quando il cuore dell’animale batteva e i suoi polmoni respiravano, e così via. Quindi raccontano una storia che le ossa da sole non possono raccontare.”
Un’evoluzione senza scopo
Holtz sottolinea anche che l’evoluzione non ha un obiettivo a lungo termine oltre alla sopravvivenza. In altre parole, le piume non esistevano affinché un animale potesse diventare un uccello. Inizialmente, esistevano per altre ragioni, e vari animali le utilizzavano in modi diversi, che fosse per il flap-running, il volo o qualche altra funzione. Questo significa che, almeno, il fossile “potrebbe documentare come gli animali utilizzavano le piume in un modo che oggi non vediamo più”, ha affermato.