Recenti scoperte scientifiche hanno rivoluzionato la nostra comprensione della struttura interna di Marte, grazie all’analisi di dati sismici raccolti in seguito all’impatto di un meteorite avvenuto nel settembre 2021. Queste nuove informazioni suggeriscono un modello interno del Pianeta Rosso molto diverso da quello precedentemente ipotizzato.
Scoperte iniziali e ipotesi
Primi risultati dalla missione InSight
Le prime analisi dei dati provenienti dalla missione InSight della NASA hanno migliorato significativamente la nostra conoscenza della struttura interna di Marte. Si ipotizzava che il mantello fosse omogeneo e completamente solido, e i risultati indicavano che il nucleo metallico liquido aveva un raggio di circa 1830±40 km e una densità relativamente bassa (6-6.2 g/cm3), con una grande concentrazione di elementi leggeri. La dimensione del nucleo metallico era stata determinata rilevando le onde sismiche riflesse all’interfaccia solido-liquido, identificata come il confine tra nucleo e mantello (CMB).
Rivalutazione dopo l’impatto recente
Tuttavia, l’analisi di nuovi dati generati da un potente impatto meteoritico avvenuto il 18 settembre 2021 ha messo in discussione le prime stime della struttura interna del Pianeta Rosso. Un team internazionale, guidato dal ricercatore Henri Samuel dell’Istituto di Fisica del Globo di Parigi e con la partecipazione di Attilio Rivoldini dell’Osservatorio Reale del Belgio, ha studiato i tempi di propagazione di queste onde, dimostrando che uno strato di silicati fusi alla base del mantello marziano, sopra il nucleo metallico, può spiegare i nuovi dati.
Un nuovo modello strutturale
Anomalie sismiche spiegate
Uno strato fuso alla base del mantello chiarisce la propagazione anormalmente lenta delle onde sismiche, finora inspiegata, diffratte lungo il CMB nel settembre 2021. Inoltre, per diversi eventi sismici precedenti, i tempi di arrivo delle onde sismiche sono compatibili con riflessioni di onde di taglio sismiche alla sommità dello strato fuso (situato a diverse decine di chilometri sopra il nucleo metallico), e non al CMB come precedentemente assunto.
Implicazioni per dimensioni e composizione del nucleo
La presenza di questo strato fuso alla base del mantello implica che il nucleo metallico sia da 150 a 170 km più piccolo (ovvero un raggio di 1650±20 km) rispetto alle stime precedenti. “Questo nucleo più piccolo è anche dal 5 all’8% più denso (ovvero 6.5 g/cm3). La frazione di elementi leggeri nel nucleo è inferiore a quanto precedentemente pensato e, come tale, è più compatibile con i dati cosmochimici dedotti dall’analisi di meteoriti marziane e da esperimenti ad alta pressione,” spiega Attilio Rivoldini.
La prima evoluzione di Marte
Gli autori dello studio propongono quindi che Marte abbia sperimentato una fase iniziale di oceano di magma la cui cristallizzazione ha prodotto uno strato stabile alla base del mantello, altamente arricchito di ferro ed elementi radioattivi. Il calore rilasciato dal decadimento radioattivo ha generato uno strato basale di silicati fusi sopra il nucleo.
Queste scoperte non solo offrono una visione più accurata della struttura interna di Marte, ma aprono anche nuove prospettive sulla sua evoluzione geologica e sulla comprensione dei processi che hanno plasmato il Pianeta Rosso fin dalla sua formazione.