Il ghiaccio gioca un ruolo fondamentale nella formazione di pianeti e comete, e potrebbe essere stato un elemento chiave per l’arrivo dell’acqua sulla Terra. Tuttavia, fino ad ora, non era mai stato possibile osservare in dettaglio il ghiaccio presente nei dischi di formazione dei pianeti. Grazie al telescopio spaziale James Webb (Jwst), un team internazionale di ricercatori ha potuto studiare la luce di una stella che attraversa il suo disco protoplanetario, rivelando la presenza di diversi tipi di ghiaccio e aprendo nuove prospettive sulla comprensione della formazione stellare e planetaria.
Il ruolo del ghiaccio nella formazione planetaria
La funzione aggregante del ghiaccio
Il ghiaccio non è solo un elemento che contribuisce alla formazione di pianeti e comete, ma è anche un veicolo per l’arrivo di acqua e di elementi chimici essenziali per la vita, come carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto. La sua presenza nei dischi protoplanetari è quindi cruciale per comprendere i processi di formazione dei corpi celesti e l’origine della vita.
Le difficoltà osservative superate dal Jwst
La sfida di osservare il ghiaccio nei dischi protoplanetari è stata superata grazie al telescopio spaziale James Webb, che ha permesso di superare gli ostacoli posti dall’atmosfera terrestre e dalle limitazioni dei telescopi spaziali precedenti. Il Jwst ha infatti una sensibilità senza pari, che consente di rilevare anche i segnali più deboli.
La scoperta del ghiaccio in HH 48 NE
La mappatura degli spettri di assorbimento
Attraverso lo studio della luce della stella HH 48 NE, i ricercatori hanno potuto osservare gli spettri di assorbimento del disco protoplanetario, identificando picchi distinti di ghiaccio d’acqua, anidride carbonica e monossido di carbonio. Questi spettri fungono da impronte digitali che rivelano la composizione chimica del disco.
Le nuove scoperte sui ghiacci
Uno dei risultati più significativi dello studio è la scoperta che il ghiaccio di monossido di carbonio potrebbe essere mescolato con ghiacci meno volatili, come quelli di anidride carbonica e d’acqua, permettendogli di rimanere ghiacciato anche in regioni più vicine alla stella. Inoltre, sono state individuate tracce di altri composti ghiacciati, come ammoniaca, cianato, solfuro di carbonile e anidride carbonica pesante.
Il contributo dell’Istituto nazionale di astrofisica
Per interpretare correttamente gli spettri prodotti dal Jwst, è stato fondamentale il contributo dei ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica, che hanno fornito dati cruciali per comprendere la composizione chimica dei ghiacci e l’interazione tra le loro diverse componenti.
Le prospettive future
I ricercatori intendono studiare spettri più ampi dello stesso disco protoplanetario e osservare altri dischi di formazione planetaria. La conferma delle scoperte sui ghiacci di monossido di carbonio potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione delle composizioni planetarie, suggerendo l’esistenza di pianeti più ricchi di carbonio.
In conclusione, lo studio dei ghiacci nei dischi protoplanetari apre nuove frontiere nella ricerca astronomica, offrendo preziose informazioni sulla formazione dei pianeti e sull’origine della vita nell’universo.