Marte, il Pianeta Rosso, sogno proibito per gli astronauti e ricercatori in cerca di forme di vita extraterrestri. Questo sogno non è più così lontano. Ormai sono parecchi anni che i ricercatori sono in cerca di un qualcosa che possa ricondurre ad una possibile vita su Marte.
Ora questo traguardo sembra essere prossimo. È ormai sicuro che nel recente passato il sottosuolo marziano ha ospitato tracce d’acqua e nulla vieta di pensare che ci siano tuttora. Anzi, dagli ultimi studi, sembra che nella calotta glaciale meridionale sia stato identificato un lago sotterraneo.
Quindi, se c’è acqua, c’è possibilità di vita. Alcuni studiosi, Tarnas e Mustard, ritengono che sia possibile iniziare delle ricerche nel sottosuolo di Marte tramite trivellazione, e che anzi l’attuazione di questo piano non è così complessa come si potrebbe pensare.
Dopo aver effettuato approfondi studi sulla sua atmosfera e dopo averne mappato tutta la superficie, l’analisi del sottosuolo è di fondamentale importanza per poter carpire tutti i segreti del passato del Pianeta Rosso, e della sua possibile fruizione per poterci abitare. Prima, però, bisogna arrivare su Marte con attrezzature adeguate.
Tarnas ritiene che se nel sottosuolo si riuscissero a trovare tracce di acqua, allora ci sarebbero altissime probabilità di avere abbastanza energia chimica da garantire la vita di microrganismi. Nonostante non ci sia la certezza che tale vita microbica sia mai iniziata, di sicuro ci sono tutte le caratteristiche affinché questa possa avvenire.
Un processo analogo può essere spiegato in base a quello che avviene nel sottosuolo terrestre. Infatti, nelle profondità terrestri esiste un vasto bioma dove delle creature sono in grado di sopravvivere senza luce, sfruttando dei sottoprodotti delle reazioni chimiche prodotte dal contatto delle rocce con l’acqua sotterranea.
Una di queste reazioni prende il nome di radiolisi, che si verifica quando le sostanze radioattive presenti nelle rocce vengono in contatto con l’acqua che è rimasta intrappolata nei pori presenti negli spazi di frattura. La reazione genera la scissione delle molecole d’acqua in idrogeno e ossigeno. L’idrogeno finisce nelle acque sotterranee rimaste, mentre l’ossigeno viene assorbito da minerali quali ad esempio la pirite. Si vengono a formare quindi minerali solfati. I microbi sfruttano l’idrogeno come combustibile e l’ossigeno per “bruciare” tale combustibile.
Tracce di tali microbi sono state rinvenute, per esempio, in Canada, oltre il miglio di profondità. Da sottolineare che le acque dove sono stati rinvenuti non vedevano la luce da almeno un miliardo di anni.
Il progetto che si è curato di tale ricerca, seguito da Tarnas, Jack Mustard (Brown University) e Barbara Sherwood (docente presso l’univeristà di Toronto), ha preso il nome di “Earth 4-D: Subsurface Science and Exploration”.
Durante questo studio, è stato confrontato quanto rinvenuto nel sottosuolo canadese con quanto si ritiene possa accadere nel sottosuolo di Marte, sfruttando anche i dati riportati dal Rover Curiosity della NASA. Lo studio è arrivato a dedurre che in tutti i meteoriti gli ingredienti necessari per la radiolisi siano presenti, ed in quantità tali da rendere possibili la vita come nel sottosuolo terrestre.