Le cellule microbiche che popolano l’intestino umano, chiamate microbiota intestinale o microbioma, hanno influenze fondamentali sul nostro metabolismo e sistema immunitario. Molti microrganismi vengono tramandati di generazione in generazione. Tuttavia, il microbiota intestinale – tracciato analizzando il DNA nelle feci – può essere radicalmente modificato in giorni o mesi da determinati eventi, come lo stabilirsi in un luogo diverso o il trattamento antibiotico.
Definire quali microbi facciano parte della storia evolutiva umana e che da allora sono andati perduti potrebbe fornire una valida opportunità per comprendere la relazione tra microbi e salute umana. Come riportato su Nature, Wibowo affronta questo problema attraverso una “macchina del tempo” microbica: i paleofagi. Utilizzando il sequenziamento del DNA per studiare i microbiomi sui campioni di feci umane che hanno dai 1000 ai 2000 anni, questo studio fornisce preziose informazioni sui microbi intestinali in un periodo precedente all’industrializzazione.
Il microbioma umano è come una macchina perfetta, ma anche dinamica. Infatti, è una componente malleabile della nostra biologia che si adatta a circostanze specifiche, ad esempio mostrando la variazione stagionale corrispondente alla disponibilità di cibo. Sebbene questa flessibilità offra una potenziale via per il trattamento delle malattie umane legate al microbiota, è al tempo stesso una vulnerabilità. Molti aspetti della vita industrializzata, come l’uso di antibiotici e una dieta carente di fibre, hanno un effetto negativo sui microbi intestinali.
Quali componenti e funzioni del microbiota preindustriale sono stati persi con l’industrializzazione delle società? Alcuni ampi gruppi batterici sono altamente prevalenti nelle popolazioni indigene odierne con stili di vita tradizionali, ma sono rari o assenti nelle popolazioni industrializzate.
Wibowo riporta l’analisi del sequenziamento del DNA di 15 campioni di paleofagi raccolti negli Stati Uniti sudoccidentali e in Messico. L’età degli otto campioni rimanenti, dopo un’attenta selezione, è stata determinata utilizzando la datazione al carbonio mentre l’analisi del danno al DNA ha rivelato segni distintivi che hanno confermato l’antichità del materiale (un DNA antico ha caratteristiche specifiche di degradazione).
Wibowo e colleghi hanno confrontato i loro dati dagli antichi campioni intestinali con le informazioni di un gruppo di campioni di feci precedentemente sequenziati da popolazioni odierne con stili di vita industrializzati e non. La specie Treponema succinifaciens, un microbo della famiglia delle Spirochaetaceae che è andato perduto dalle popolazioni occidentali odierne, era presente nei paleofagi, così come altri taxa VANISH che erano assenti nei campioni industrializzati e prevalenti nei campioni non civilizzati. I taxa BloSSUM, compresa la specie Akkermansia muciniphila (che degrada il muco umano), erano più abbondanti nei campioni industrializzati e nelle paleofeci. Insieme, questi risultati supportano l’idea che le caratteristiche dei microbiomi non industrializzati siano simili ai microbiomi dei nostri antenati umani e che le popolazioni industrializzate si siano discostate da questa firma microbica.
Wibowo e colleghi sono stati in grado di recuperare DNA di alta qualità da organismi microbici vissuti migliaia di anni fa, probabilmente a causa della buona conservazione possibile nell’ambiente arido del deserto in cui si trovavano i campioni. Molteplici laboratori indipendenti hanno autenticato l’età del campione e l’origine umana delle feci. Avere queste antiche sequenze di DNA disponibili in database di pubblico dominio andrà senza dubbio a beneficio degli scienziati per gli anni a venire.
Il lavoro di Wibowo e colleghi convalida che le popolazioni odierne con stili di vita tradizionali, hanno composizioni di microbiomi simili a quelle degli antichi esseri umani. Inoltre, è emerso che siamo sopravvissuti a microbi che hanno generato potenti anticorpi che ci evitano di ammalarci più spesso di quanto avvenga.