All’inizio di settembre, centocinque anni fa, la Parigi della Belle Époque era un fervente centro culturale. Picasso stava gettando le basi del cubismo, in Italia il futurismo stava prendendo piede, e oltreoceano, due esploratori si contendevano il primato per il raggiungimento del Polo Nord. La temperatura media globale era di circa 0,3 gradi Celsius sotto la media del ventesimo secolo, rendendo settembre 1909 uno dei mesi più freddi mai registrati. Tuttavia, nel sud della Francia, in cima ai Pirenei, il freddo non fermava il lavoro degli astronomi. La visione di Benjamin Baillaud, che sarebbe diventato il primo presidente dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU) dieci anni dopo, aveva recentemente lasciato Tolosa per dirigere l’Osservatorio di Parigi. Qui avrebbe fondato il Bureau International de l’Heure, un organismo internazionale dedicato al coordinamento del tempo misurato in tutto il mondo. Tuttavia, fu durante il suo periodo a Tolosa che Baillaud mise in moto una delle trasformazioni più significative della sua carriera. Convinto che la succursale dell’Osservatorio di Tolosa, situata a 2.877 metri sul livello del mare, fosse destinata a fare la storia dell’astrofisica, Baillaud fece costruire una cupola di otto metri di diametro per ospitare un telescopio rifrattore da mezzo metro, una dimensione notevole per l’epoca.
Un viaggio nel tempo
Oggi, raggiungere l’Osservatorio del Pic du Midi è molto più semplice grazie a una teleferica che parte dalla stazione sciistica di La Mongie, situata a 1.785 metri di altitudine. Il viaggio, che dura quindici minuti e copre un dislivello di oltre mille metri, offre panorami mozzafiato tra nuvole e precipizi. All’arrivo, ci si trova di fronte a un gigantesco edificio arroccato sul massiccio, con cupole immacolate e un’antenna radiotelevisiva alta 102 metri. Con i picchi circostanti che a malapena raggiungono i 2.500 metri, il panorama è davvero spettacolare.
La costruzione della cupola
All’inizio del Novecento, il Pic du Midi era raggiungibile solo a piedi. L’osservatorio, inaugurato nell’agosto del 1882, era privo di strumentazione permanente e aveva già vissuto una tragedia: nel novembre dello stesso anno, tre facchini incaricati di trasportare telescopi e strumenti persero la vita in una valanga durante il transito di Venere davanti al Sole. Conoscendo bene il sito e il suo potenziale scientifico, Baillaud iniziò nel 1904 la costruzione di un osservatorio stabile per ospitare un telescopio all’avanguardia e una residenza per gli astronomi.
La cupola Baillaud: un’impresa logistica
La cupola, che oggi porta il nome del suo ideatore, fu costruita nei giardini dell’Osservatorio di Jolimont a Tolosa tra il 1904 e il 1905. Smontata e imballata, fu trasportata in quota nell’estate del 1906. Il viaggio iniziò con un tragitto in treno di 150 chilometri fino a Bagnères-de-Bigorre, seguito da un percorso in vettura fino a Gripp, e infine a dorso di mulo. Anche il telescopio, realizzato a Parigi e imballato in ventidue casse da centinaia di chili ciascuna, fu trasportato fino al passo di Tourmalet, a 2.115 metri di altitudine, con l’aiuto di buoi e soldati del reggimento locale. L’ultimo tratto del viaggio, fino al passo di Sencours a 2.378 metri, fu completato l’anno successivo.
Un’estate breve e tardiva
L’estate del 1907 fu sorprendentemente breve e tardiva. A fine agosto, la neve al Pic du Midi era ancora abbondante, e la costruzione della cupola si protrasse fino a settembre. Ci volle un’altra estate per assemblare il telescopio, completare l’osservatorio e iniziare le operazioni nel 1909.
Il planetario nella cupola Baillaud
Dopo una lunga e gloriosa carriera, che vide importanti scoperte nello studio del Sole e del Sistema Solare, le attività osservative nella cupola Baillaud terminarono alla fine degli anni Novanta. Oggi, la storica cupola ospita un planetario, il più alto d’Europa. Questo planetario è unico nel suo genere, poiché il planetarista può accogliere il pubblico dicendo che “sotto questa cupola, sono morti i marziani”. E non è un’esagerazione.
La fine dei marziani
Se “i marziani sono morti” sotto la cupola Baillaud, il motivo risale a quel freddo settembre del 1909. Dopo le osservazioni iniziali, gli astronomi dell’epoca conclusero che non c’erano prove di vita su Marte, mettendo fine a molte speculazioni e teorie popolari. Questo evento segnò un punto di svolta nella comprensione del nostro Sistema Solare e delle possibilità di vita extraterrestre. L’Osservatorio del Pic du Midi continua a essere un importante centro di ricerca astronomica e una meta affascinante per gli appassionati di astroturismo. La sua storia, ricca di sfide e scoperte, è un tributo alla dedizione e alla visione degli astronomi che hanno lavorato sotto il cielo stellato dei Pirenei.Ose vette dei Pirenei, è un luogo di grande importanza per l’astronomia. La sua storia è ricca di scoperte e di personaggi illustri che hanno contribuito a renderlo un punto di riferimento per la ricerca scientifica. Tra questi, spiccano i nomi di Aymar de la Baume Pluvinel e Fernand Baldet, i primi a condurre una campagna osservativa nella nuova cupola dell’osservatorio. La loro missione era ambiziosa: sfruttare la posizione strategica del Pic du Midi per fotografare Marte.
La geologia del Pic du Midi
Un luogo unico per l’osservazione astronomica
L’Osservatorio del Pic du Midi deve la sua fortuna alla particolare geologia del monte su cui si erge. Il materiale che compone il Pic du Midi è un misto di rocce calcaree, silicati e scisto, una roccia metamorfica che tende a sfaldarsi in lastre sottili. Queste rocce hanno attraversato una serie di trasformazioni che ne hanno rafforzato la struttura, rendendole più resistenti all’erosione rispetto alle cime circostanti. Questa caratteristica geologica non solo incornicia il Pic du Midi in un panorama incantevole, ma lo rende anche un luogo ideale per la ricerca astronomica, grazie alla stabilità e alla qualità eccezionale dell’atmosfera.
Un clima favorevole per l’osservazione
L’osservatorio sovrasta le nuvole ed è la prima montagna che il vento incontra quando soffia da nord o nord-est. Questo significa che, sebbene il maltempo non manchi, quando il cielo ritorna sereno, resta sereno a lungo. Questa condizione è fondamentale per gli astronomi, che necessitano di cieli limpidi e stabili per le loro osservazioni. De la Baume Pluvinel e Baldet, nel loro viaggio verso l’osservatorio, confidavano proprio in queste condizioni favorevoli, e il Pic du Midi non li deluse.
La grande opposizione di Marte
Un’opportunità unica per l’osservazione
Marte impiega circa due anni terrestri per completare un giro intorno al Sole. Se impiegasse esattamente due anni, il Pianeta Rosso e la Terra si troverebbero allineati dallo stesso lato del Sole a intervalli regolari, in una configurazione chiamata “opposizione”. Tuttavia, l’orbita di Marte dura 687 giorni terrestri, circa 23 mesi, quindi l’opposizione ricorre circa ogni due anni, mese più, mese meno. Questo sfasamento dà origine a un ciclo di circa quindici anni, dopo il quale l’opposizione di Marte si verifica quando il pianeta è anche alla distanza minima dalla Terra. Questo evento, chiamato grande opposizione, è il momento migliore per osservare e studiare Marte.
Le osservazioni di de la Baume Pluvinel e Baldet
Durante la grande opposizione del settembre 1909, de la Baume Pluvinel e Baldet osservarono Marte dalla loro postazione in cima ai Pirenei. Per diverse settimane, fino al 20 ottobre 1909, sfruttarono al massimo le condizioni eccezionali del Pic du Midi. Il risultato delle loro osservazioni furono 80 lastre fotografiche, per un totale di 1.350 immagini di Marte. Le foto, ottenute esponendo la lastra per un quarto d’ora a intervalli di circa un’ora l’una dall’altra, catturarono tutte le fasi della rotazione del pianeta, immortalandone così l’intera superficie.
La fine del mito dei marziani
Le scoperte di Schiaparelli e Lowell
L’astronomo italiano Giovanni Virginio Schiaparelli, nel 1877, aveva scoperto i famosi canali di Marte, che aveva chiamato con nomi di fiumi terrestri. Questi canali furono resi celebri dalla sua controparte statunitense, Percival Lowell, che in una traduzione fallace li aveva chiamati “canals”, suggerendo un’origine artificiale, anziché “channels”, naturali. Questa traduzione errata aveva suscitato, a fine Ottocento, il mito dei marziani. Durante l’opposizione del 1907, Lowell aveva osservato Marte da una stazione astronomica dell’Osservatorio di Harvard in Perù, ottenendo quattordicimila “scatti” del Pianeta Rosso. In alcuni di questi scatti, sosteneva di riconoscere strutture lineari simili a canali artificiali, tanto da ricalcarli sulle fotografie, compromettendo però l’integrità dei dati.
Le conclusioni di de la Baume Pluvinel e Baldet
Dalla loro postazione al Pic du Midi, de la Baume Pluvinel e Baldet osservarono attentamente Marte e non trovarono traccia della rete di sottili canali dalle forme geometriche che alcuni osservatori avevano visto nell’emisfero settentrionale. Nei resoconti settimanali dell’Académie des sciences, pubblicati a novembre dello stesso anno, scrissero: «I canali principali sono visibili nelle nostre fotografie; citiamo ad esempio l’Indo, il Gange, l’Arax, il Ciclope, l’Eufrate, ecc. Per quanto riguarda la rete di sottili canali, dalle forme geometriche che alcuni osservatori hanno visto nell’emisfero settentrionale e la cui esistenza è ancora dibattuta, non riusciamo a trovarne traccia sulle nostre foto». Questa frase laconica e rigorosa seppellì per sempre l’utopia di un’avveniristica civiltà marziana all’avanguardia dell’ingegneria idraulica interplanetaria.L’osservatorio
Un periodo di inattività
Dopo la fine del mito dei marziani, il nuovo telescopio dell’osservatorio rimase praticamente inutilizzato per circa vent’anni. Malgrado la qualità eccellente dei dati, l’isolamento del Pic du Midi e le dure condizioni che il sito impone dissuasero gli astronomi fino agli anni Trenta. Tuttavia, l’osservatorio non rimase inattivo per sempre.
Il ritorno di Bernard Lyot
Negli anni Trenta, l’astronomo parigino Bernard Lyot, dall’indole sportiva, alpinista e sciatore provetto, riportò in auge la ricerca sotto la cupola Baillaud. Grazie alla sua passione e dedizione, l’osservatorio del Pic du Midi tornò a essere un punto di riferimento per l’astronomia, continuando a contribuire alla nostra comprensione dell’universo. L’osservatorio del Pic du Midi, con la sua storia affascinante e le sue scoperte rivoluzionarie, rimane un simbolo della ricerca scientifica e della passione per l’astronomia. Le sue caratteristiche geologiche uniche e le condizioni atmosferiche favorevoli lo rendono un luogo ideale per l’osservazione del cielo, e le sue scoperte continuano a ispirare nuove generazioni di astronomi.
Laureato in ingegneria all’École Superieure d’Électricité e con un dottorato alla Sorbona sulla luce polarizzata dei pianeti, Bernard Lyot ha dedicato la sua carriera all’astronomia presso l’Osservatorio di Meudon, vicino Parigi. Qui, ha affrontato una delle sfide più ardue dell’astronomia: lo studio della corona solare, la parte più esterna dell’atmosfera del Sole, visibile solo durante un’eclissi totale. Dopo una visita al Pic du Midi nell’estate del 1929, su consiglio del collega Baldet, Lyot rimase affascinato dalla purezza del cielo e decise di tornare l’anno successivo, carico di strumenti.
La nascita della coronografia
Un’innovazione rivoluzionaria
Tra il 1930 e il 1934, in un angolo remoto dei Pirenei, Lyot gettò le basi della coronografia. Costruì un telescopio in cui la luce incidente veniva parzialmente ostruita da un piccolo cono, creando un’eclissi artificiale. Questo strumento, chiamato coronografo, permetteva di osservare le protuberanze solari, la corona e altri fenomeni altrimenti invisibili senza dover attendere un’eclissi totale. La stabilità atmosferica del Pic du Midi fu cruciale per il successo dell’esperimento, insieme alla maestria di Lyot nel minimizzare la diffusione della luce.
Un successo duraturo
Il coronografo di Lyot rimase in funzione presso l’osservatorio per quarant’anni. Con l’aiuto del cineasta Joseph Leclerc, Lyot realizzò un film che mostrava per la prima volta la natura dinamica del Sole, stupendo l’assemblea generale della IAU a Stoccolma nel 1938. L’osservatorio, la cui storia era iniziata con un’eclissi solare nel 1860, si legò ancora una volta alle eclissi, questa volta grazie alla creazione di un’infinità di eclissi artificiali.
Il contributo di Lyot durante la guerra
Un’osservazione planetaria in tempo di guerra
Nel 1939, Lyot fu premiato con la medaglia d’oro della Royal Astronomical Society e divenne il più giovane membro dell’Académie des Sciences a soli quarantadue anni. Tuttavia, lo scoppio della seconda guerra mondiale cambiò drasticamente la situazione in Europa. Con l’armistizio del 1940, la Francia fu divisa in due: Parigi e il nord sotto l’occupazione tedesca, il sud sotto il Governo di Vichy. Nonostante il conflitto, Lyot ottenne un lasciapassare per recarsi al Pic du Midi nell’estate del 1941, dove osservò Marte in opposizione insieme ai colleghi Marcel Gentili e Henri Camichel.
Un programma di osservazione planetaria
In quei mesi, ai margini di un’Europa dilaniata dalla guerra, i tre astronomi iniziarono un programma di osservazione planetaria che durò trent’anni, superato solo con l’avvento dell’era spaziale. Jules Baillaud, direttore dell’osservatorio, cercò di potenziare il vecchio telescopio da mezzo metro. Con l’imminente opposizione di Marte, prese in prestito un obiettivo da 38 centimetri dall’Osservatorio di Tolosa, con cui Camichel, Gentili e Lyot realizzarono alcune delle migliori immagini del Pianeta Rosso fino ad allora.
Il telescopio da 60 cm e la NASA
Un nuovo strumento per il Pic du Midi
Lyot comprese che le condizioni meteorologiche del Pic du Midi permettevano di spingere al massimo il livello di ingrandimento del telescopio per fotografare i corpi del Sistema Solare ad alta risoluzione. Decise quindi di costruire un nuovo strumento, utilizzando un obiettivo da 60 centimetri dell’Osservatorio di Parigi. Per adattarlo alla cupola, dovette piegare il fascio di luce con due specchi, utilizzando il sistema del “rifrattore piegato” ideato dall’astronomo svizzero Emil Schaer. Nonostante le difficoltà logistiche dovute all’occupazione nazista, il nuovo telescopio fu inaugurato nel 1943 nella cupola Baillaud.
Un contributo alla corsa allo spazio
Il nuovo telescopio rimase in funzione fino alla fine degli anni Sessanta, producendo immagini dettagliate di Mercurio, Venere, Marte, Giove e le sue lune, Saturno e i suoi anelli. Anche la superficie della Luna.Fu oggetto di studio, attirando l’attenzione della neonata NASA negli anni Sessanta. L’agenzia spaziale americana finanziò un programma di mappatura del nostro satellite naturale in vista delle missioni Apollo. Il Pic du Midi dopo la guerra Un segno di gratitudine Dopo la guerra, il Pic du Midi continuò a crescere e ad adattarsi ai tempi. Nel 1946, in segno di riconoscenza, Marcel Gentili donò all’osservatorio una cupola e il suo telescopio personale. Questo gesto simbolico rappresentò il legame duraturo tra gli astronomi e il Pic du Midi, un luogo che aveva permesso loro di fare scoperte straordinarie nonostante le difficoltà del periodo bellico. Un’eredità duratura L’eredità di Bernard Lyot e del suo lavoro al Pic du Midi continua a vivere. Il coronografo e il telescopio da 60 cm sono esposti nello spazio museale dell’osservatorio, testimoniando l’importanza delle loro scoperte. Le immagini dettagliate dei pianeti e della Luna, realizzate grazie a questi strumenti, hanno contribuito significativamente alla nostra comprensione del Sistema Solare e hanno gettato le basi per future esplorazioni spaziali. Il lavoro di Bernard Lyot al Pic du Midi ha rivoluzionato l’astronomia, permettendo di osservare la corona solare e i pianeti con una precisione senza precedenti. Nonostante le difficoltà della guerra, Lyot e i suoi colleghi hanno continuato a fare scoperte straordinarie, lasciando un’eredità duratura che continua a influenzare la ricerca astronomica ancora oggi. Il Pic du Midi: un viaggio tra storia e scienza Situato tra le maestose vette dei Pirenei, l’Osservatorio del Pic du Midi rappresenta un punto di riferimento per l’astronomia mondiale. Fondato nel 1878, questo osservatorio ha attraversato decenni di evoluzione tecnologica e scientifica, diventando un simbolo di eccellenza nella ricerca astronomica. La sua storia è ricca di scoperte e innovazioni, che hanno contribuito significativamente alla nostra comprensione dell’universo. Un’epoca di innovazioni Il telescopio da 60 centimetri Nel 1947, l’osservatorio ha visto l’arrivo di una funivia dedicata esclusivamente al trasporto delle attrezzature, seguita nel 1952 dalla tanto attesa teleferica, fortemente voluta da Jules Baillaud già prima della Seconda Guerra Mondiale. Questo ha segnato la fine dell’isolamento dell’osservatorio, permettendo un accesso più agevole e frequente. Uno degli strumenti più iconici di questo periodo è stato il telescopio da 60 centimetri, utilizzato professionalmente fino agli anni Ottanta. Questo strumento, passato alla gestione dell’Association Télescope T60, è stato ritirato nel 2021 e ora è esposto nel percorso museale dell’osservatorio. Il telescopio da un metro e il Manchester Lunar Programme Nel 1964, l’osservatorio ha ospitato un telescopio da un metro, cofinanziato dalla NASA e situato nella cupola Gentili. Questo strumento ha permesso al Manchester Lunar Programme di ottenere oltre sessantamila immagini ad altissima risoluzione della Luna. Queste immagini, insieme a quelle raccolte dagli osservatori di Mount Wilson, Lick, McDonald e Yerkes, hanno contribuito alla creazione di un atlante cartografico lunare, curato dall’astrofisico olandese Gerard Kuiper. Questo atlante è stato fondamentale per il primo allunaggio. Pochi mesi dopo lo storico “piccolo grande passo” di Neil Armstrong, un gruppo di astronomi francesi ha partecipato al primo esperimento di misura della distanza Terra-Luna, ricevendo un segnale laser riflesso da uno degli specchi lasciati dagli astronauti sulla superficie lunare. Il Bernard Lyot Telescope e l’era moderna Il telescopio da due metri L’ultima grande aggiunta all’osservatorio è stata inaugurata nel 1980: un telescopio da due metri, il più grande sul territorio francese. Questo strumento, situato all’interno di una torre alta ventotto metri, è dedicato a Bernard Lyot, un pioniere della polarimetria stellare. La sua forma a calotta, con un’apertura circolare all’interno della cupola, è stata scelta per evitare scambi termici tra l’aria esterna e quella interna. Questo design è condiviso da pochi altri telescopi nel mondo, come l’Hobby–Eberly in Texas, ed è stato proposto per il controverso Thirty Meter Telescope alle Hawaii. La transizione verso le collaborazioni internazionali A partire dagli anni Ottanta, l’astronomia francese ha iniziato a orientarsi verso le grandi collaborazioni internazionali. Gestire lo storico osservatorio dei Pirenei è diventato troppo costoso, e alla fine del millennio si è profilata la possibilità di chiusura. Nel 2000, però, è stata adottata una nuova strategia, aprendo le porte all’astroturismo e sfruttando la risorsa più grande di questo straordinario sito: il cielo. Grazie a un investimento di trentanove milioni di euro, la nuova gestione ha preservato il Pic du Midi, il più antico osservatorio di montagna ancora in funzione, e la sua storia. Il futuro dell’osservatorio Il Bernard Lyot Telescope oggi Oggi, il Bernard Lyot Telescope è l’unico telescopio utilizzato da astronomi professionisti all’osservatorio.Gli altri strumenti, compreso il nuovo coronografo del 2009, sono gestiti da volontari. La residenza dell’osservatorio è stata adattata per accogliere non solo astronomi e astrofili, ma anche studenti universitari, scuole e visitatori. Questo ha permesso di mantenere viva la tradizione scientifica del Pic du Midi, offrendo al contempo un’esperienza unica a chiunque voglia esplorare il cosmo.
Dark Sky Reserve
Nel 2013, l’impegno a conservare l’altissima qualità del cielo del Pic du Midi è stato riconosciuto con il bollino di Dark Sky Reserve rilasciato dalla International Dark Sky Association. Questo è il primo sito in Francia e il secondo più grande al mondo a ottenere tale riconoscimento, che comporta un impegno costante contro l’inquinamento luminoso nella regione. La fonte di luce che più disturba l’osservatorio è Barcellona, situata a circa trecento chilometri di distanza, sul versante sud-est. Per chi volesse verificare di persona, è possibile prenotare una notte sotto il leggendario manto di stelle del Pic du Midi, anche se le prenotazioni sono già esaurite fino alla fine del 2025. Il Pic du Midi continua a essere un faro di conoscenza e scoperta, unendo la tradizione scientifica con l’innovazione tecnologica. La sua storia, fatta di scienziati, ingegneri, operai e visionari, è un esempio di come la passione e la dedizione possano superare le sfide del tempo e dello spazio.