In 50 anni si sono effettuate molte scoperte grazie all’analisi, da parte dei geologi, dei frammenti delle rocce lunari, detriti riportati dalle missioni dell’Apollo. La Nasa ha segretamente mantenuto sigillati, per tutto questo tempo, due campioni di materiale.
Il rischio di fuoriuscita dei gas, rinchiusi nella materia della Luna, aveva impedito la possibilità di un esame effettuabile ora mediante le moderne metodologie. L’Ente ha deciso di aprirne ora uno, proveniente dalle missioni dell’era Apollo 17.
Si tratta di un campione raccolto da una frana lunare avvenuta quasi 4 miliardi di anni fa. Il nucleo lunare è stato posto in un contenitore sottovuoto, dentro sacchi di teflon chiusi e ulteriormente riposti in una scatola di azoto. La scatola è stata quindi rinchiusa in un caveau.
Queste operazioni si sono effettuate come misura di protezione della materia dall’atmosfera della Terra, dalla luce solare e anche da chiunque volesse avvicinarsi incautamente al campione di suolo lunare.
Il particolare processo di estrazione, che mira alla cattura di eventuali gas presenti all’interno del contenitore, si è progettato per affrontare una serie di eventuali e differenti scenari di perdita. Gli scienziati sono partiti con una scansione a raggi X, in grado di rendere una qualità d’immagine alta.
Per adesso le molecole libere sono raccolte in contenitori speciali quindi, con degli spettrometri tecnologicamente avanzati, saranno osservate le rocce, per verificare o meno la fuoriuscita dei gas.
Per la diffusione dei gas si dovranno attendere diverse settimane e per i risultati, che saranno sottoposti a una revisione paritaria, ci vorranno dei mesi. Quello che emergerà ci aiuterà a conoscere ancora meglio il nostro Satellite, specie sulla sua formazione.