La demenza, una patologia che oggi assume proporzioni epidemiche, sembra essere stata un fenomeno raro nell’antica Grecia e Roma. Questo suggerisce che si tratti di una condizione influenzata dallo stile di vita e dai fattori ambientali moderni. Una recente analisi condotta dall’Università della California del Sud (USC) ha esaminato documenti medici vecchi di 2500 anni, scoprendo che il grave declino della memoria, così diffuso ai giorni nostri, era estremamente raro in quel periodo. Gli antichi testi greci e romani, insieme al confronto con il popolo Tsimane, che presenta bassi tassi di demenza, evidenziano il ruolo significativo degli ambienti contemporanei nella prevalenza della demenza.
Gli antichi Greci riconoscevano che l’invecchiamento poteva portare a problemi di memoria che oggi identifichiamo come lieve compromissione cognitiva (MCI), ma non a una perdita di memoria, linguaggio e ragionamento come quella causata dall’Alzheimer e da altri tipi di demenza. Caleb Finch, professore all’USC Leonard Davis School of Gerontology, e Stanley Burstein, storico alla California State University di Los Angeles, hanno esaminato un vasto corpus di scritti medici antichi, tra cui quelli di Ippocrate e dei suoi seguaci. Questi testi elencano malattie degli anziani come sordità, vertigini e disturbi digestivi, ma non menzionano la perdita di memoria.
Finch ipotizza che, con l’aumento della densità delle città romane, sia aumentato anche l’inquinamento, portando a un incremento dei casi di declino cognitivo. Inoltre, gli aristocratici romani utilizzavano recipienti da cucina in piombo, tubature dell’acqua in piombo e addirittura aggiungevano acetato di piombo al vino per dolcificarlo, avvelenandosi inconsapevolmente con questo potente neurotossina. Alcuni scrittori antichi riconoscevano la tossicità dei materiali contenenti piombo, ma poco progresso fu fatto per affrontare il problema fino al XX secolo. Alcuni studiosi attribuiscono addirittura la caduta dell’Impero Romano all’avvelenamento da piombo.
In assenza di dati demografici per l’antica Grecia e Roma, Finch si è rivolto a un modello sorprendente per l’invecchiamento antico: i Tsimane Amerindiani, un popolo indigeno dell’Amazzonia boliviana. I Tsimane, come gli antichi Greci e Romani, conducono uno stile di vita preindustriale molto attivo e presentano tassi di demenza estremamente bassi. Un team internazionale di ricercatori cognitivi, guidato da Margaret Gatz, professore di psicologia, gerontologia e medicina preventiva alla USC Leonard Davis School, ha scoperto che tra gli anziani Tsimane, solo circa l’1% soffre di demenza. In contrasto, l’11% delle persone di età pari o superiore a 65 anni che vivono negli Stati Uniti ha la demenza, secondo l’Alzheimer’s Association.
“I dati sui Tsimane, che sono molto dettagliati, sono molto preziosi”, ha detto Finch. “Questa è la popolazione più documentata di anziani con minima demenza, il che indica che l’ambiente è un enorme determinante del rischio di demenza. Ci forniscono un modello per porre queste domande.”