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Intelligenza artificiale nella fisica nucleare

By Mirko Rossi
Published 1 Aprile 2024
9 Min Read
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La fisica nucleare è un campo di ricerca che si occupa dello studio dei componenti fondamentali⁤ della materia e delle forze che⁢ li tengono insieme. In questo ambito, gli acceleratori di particelle sono strumenti fondamentali per indagare le leggi della natura a livello subatomico. Tuttavia, la gestione dei dati ‍generati da questi esperimenti è una sfida complessa e intensiva. Fortunatamente, l’intelligenza artificiale (AI) sta emergendo come uno strumento ⁢chiave per affrontare questa sfida, in particolare per la ricostruzione delle tracce delle particelle secondarie prodotte dalle collisioni negli acceleratori.

 

Quando le particelle collidono negli acceleratori,⁣ producono numerose cascate di particelle secondarie. L’elettronica ‌che elabora i segnali‌ provenienti dai rilevatori ha solo una ‍frazione di secondo per valutare se un ⁢evento è⁣ di sufficiente‍ interesse da essere salvato per analisi successive. In futuro, questo compito esigente potrebbe essere svolto utilizzando algoritmi basati sull’AI.

L’elettronica nella fisica nucleare non ha mai ⁢avuto vita facile. Con così tanti dati in arrivo dall’LHC, l’acceleratore più potente​ al mondo, registrare tutto‍ non‌ è mai stato un’opzione. ⁣I sistemi​ che elaborano l’onda di segnali provenienti dai rilevatori si specializzano⁣ quindi nel “dimenticare”:⁣ ricostruiscono le tracce delle particelle secondarie in una frazione di secondo⁣ e valutano se la collisione appena osservata può essere ignorata o se vale la pena salvarla per ulteriori analisi. Tuttavia, i metodi ⁤attuali⁤ di ricostruzione delle tracce delle particelle presto non saranno più sufficienti.

 

Ricerche presentate sulla​ rivista Computer ⁣Science da‌ scienziati dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Accademia Polacca delle Scienze⁤ (IFJ PAN) a Cracovia, in Polonia, suggeriscono​ che ⁣gli strumenti costruiti utilizzando l’intelligenza artificiale potrebbero essere un’alternativa efficace ai metodi ⁤attuali per la rapida ricostruzione ​delle tracce delle particelle. Il loro ‌debutto ⁢potrebbe avvenire nei prossimi due ​o ‌tre anni,⁣ probabilmente nell’esperimento MUonE che supporta la ricerca di nuova ‍fisica.

 

Negli esperimenti moderni di ⁢fisica ad alta‍ energia, le particelle che divergono dal punto di collisione⁣ passano attraverso strati ⁢successivi del rilevatore,‍ depositando un po’ di energia in ciascuno. In pratica, ciò significa che se il rilevatore è composto da dieci⁤ strati e la particella secondaria passa attraverso tutti loro, il suo percorso deve essere ⁢ricostruito ⁣sulla base di ​dieci punti. ⁣Il compito ‍è ⁢solo apparentemente semplice.

“Di solito c’è un campo‍ magnetico all’interno dei rilevatori. Le particelle ⁢cariche si muovono in‌ esso lungo linee curve e così saranno posizionati anche gli ⁣elementi del⁢ rilevatore attivati da esse, che nel nostro gergo chiamiamo ‘hit’”, spiega⁣ il Prof. Marcin Kucharczyk (IFJ PAN) e aggiunge subito: “In realtà, la cosiddetta occupazione del rilevatore, ovvero il numero di hit⁢ per elemento del rilevatore, ⁤può essere molto alta, causando molti problemi nel tentativo di ricostruire correttamente le⁣ tracce delle particelle. In particolare, la ricostruzione di tracce vicine tra loro è un problema abbastanza grande.”

Gli ⁢esperimenti progettati per trovare nuova fisica faranno collidere particelle a energie ⁢più elevate di prima, il⁢ che significa che verranno ⁢create più particelle secondarie in ogni collisione. Anche la luminosità dei fasci dovrà essere più alta, il che a sua volta aumenterà il ⁤numero di collisioni per unità di tempo. In tali condizioni, i metodi classici di ricostruzione delle tracce delle particelle non possono più farcela. L’intelligenza artificiale, che eccelle nel riconoscere rapidamente determinati schemi universali, può venire in soccorso.

 

“L’intelligenza artificiale che abbiamo ⁢progettato è una rete neurale di tipo profondo. È composta da uno​ strato di input di 20 neuroni, quattro strati nascosti di​ 1.000 neuroni ciascuno e uno strato di output con otto ⁤neuroni. Tutti ⁤i​ neuroni di ciascuno strato sono connessi a tutti i neuroni dello strato adiacente. In totale, ⁣la rete ha ⁣due milioni di parametri di configurazione, i cui valori vengono impostati durante il ⁢processo‍ di apprendimento,” descrive il Dr. Milosz Zdybal ‌(IFJ PAN).

La rete neurale profonda ⁣così preparata è stata addestrata ⁢utilizzando 40.000 collisioni di‌ particelle simulate, integrate con rumore generato artificialmente. Durante la‌ fase di test, solo le informazioni sugli hit sono​ state inserite nella rete. Poiché queste erano derivate da simulazioni al ⁣computer, le traiettorie originali delle particelle responsabili erano note ⁣esattamente⁤ e⁤ potevano essere ‍confrontate con‌ le⁢ ricostruzioni fornite dall’intelligenza artificiale. Su questa base, l’intelligenza ‌artificiale⁤ ha imparato a ricostruire correttamente le tracce delle particelle.

“Nel nostro articolo, mostriamo che la rete neurale profonda addestrata su‍ un database adeguatamente preparato è in grado di ricostruire le tracce delle particelle ⁣secondarie con la stessa precisione degli algoritmi classici.​ Questo è un risultato di ⁤grande importanza per lo sviluppo⁢ delle tecniche di rilevamento. Sebbene l’addestramento di una ‍rete neurale profonda sia un processo lungo e computazionalmente impegnativo, ​una rete addestrata reagisce​ istantaneamente. Poiché lo fa anche‍ con precisione soddisfacente, possiamo pensare con ottimismo ‌all’uso di essa nel caso di collisioni reali,” sottolinea ‍il Prof. Kucharczyk.

 

L’esperimento più vicino in cui l’intelligenza artificiale dell’IFJ PAN avrebbe la possibilità di dimostrare la ⁣sua efficacia è MUonE (MUon ON Electron elastic scattering). Questo esamina una discrepanza interessante tra i ​valori misurati di una certa ⁣quantità ⁢fisica relativa​ ai muoni‍ (particelle che sono circa 200 volte‌ più massicce degli equivalenti dell’elettrone)⁣ e le previsioni del Modello Standard‌ (ovvero il modello utilizzato per descrivere il mondo delle particelle elementari). Le misurazioni effettuate presso il centro acceleratore americano Fermilab mostrano che il cosiddetto momento magnetico anomalo dei muoni differisce dalle previsioni del Modello Standard con una certezza fino a 4,2​ deviazioni standard (riferite come sigma). Nel frattempo, in fisica si accetta che una significatività‌ superiore a 5 sigma, corrispondente a ⁢una certezza del 99,99995%, sia un ⁣valore ritenuto accettabile per ​annunciare una scoperta.

 

La significatività della discrepanza che indica nuova fisica potrebbe essere significativamente aumentata se la precisione delle previsioni del Modello Standard potesse essere migliorata. Tuttavia,‌ per determinare meglio il momento magnetico ⁣anomalo del muone con il suo aiuto, sarebbe ⁢necessario conoscere un valore più preciso del parametro noto‍ come correzione adronica. Purtroppo, un calcolo matematico ‌di questo parametro non è possibile. A questo punto,‍ diventa chiaro il ruolo dell’esperimento MUonE. In esso, gli scienziati intendono studiare la diffusione ‍dei muoni sugli ⁤elettroni ⁣degli⁣ atomi con numero atomico ‍basso, come il carbonio o il berillio. I risultati consentiranno una determinazione più⁣ precisa di alcuni parametri⁢ fisici che dipendono direttamente dalla correzione adronica. Se tutto procede secondo i piani⁣ dei fisici, la correzione adronica determinata in questo modo aumenterà la fiducia nella misurazione della discrepanza tra il valore‍ teorico e misurato del momento magnetico anomalo del muone ⁤fino a 7 sigma – e l’esistenza di una fisica finora sconosciuta potrebbe diventare una realtà.

L’esperimento MUonE ‍dovrebbe iniziare ⁤presso l’impianto nucleare europeo CERN⁤ già l’anno prossimo, ma la fase target è stata pianificata per il 2027,⁢ che è probabilmente quando i fisici di Cracovia ​avranno l’opportunità di vedere se⁣ l’intelligenza artificiale che ‌hanno creato farà il suo lavoro nella ricostruzione delle tracce delle particelle. La conferma della sua efficacia nelle​ condizioni​ di un esperimento reale potrebbe‌ segnare l’inizio​ di una nuova era nelle tecniche di rilevamento delle particelle.

 

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