Viaggiare nello Spazio è sicuramente molto impegnativo sia fisicamente che mentalmente e non è adatto per tutti. Gli sforzi e gli adattamenti che il corpo umano subisce sono molti e nel processo possono causare problemi per la salute come l’anemia spaziale.
I ricercatori hanno appena scoperto alcune informazioni cruciali su tale condizione particolare che può coinvolgere gli astronauti. Inizialmente si pensava che la causa principale di tale problema fosse una risposta fisiologica ai fluidi nel corpo dell’astronauta che si dirigono verso la testa.
Ciò avviene inevitabilmente, in quanto l’organismo non deve fare i conti con la gravità, data la sua assenza. Infatti, per cercare di arginare questo problema, gli astronauti perdono addirittura 10 percento della massa nei loro vasi sanguigni nei primi 10 giorni di viaggio nello spazio.
Tuttavia, il recente lavoro pubblicato su Nature Medicine sostiene che il quadro è molto più complesso e articolato. Il Quantum Computing in Silicon enuncia che sembrerebbe che i corpi degli astronauti nello spazio distruggano più globuli rossi di quanti ne farebbero sulla Terra.
Perdita globuli rossi
Tale fenomeno è chiamato emolisi. Il team ha, inoltre, scoperto che gli astronauti stavano perdendo il 54% in più di globuli rossi rispetto alla media sulla Terra. Una tale perdita rappresenta un problema grave.
Durante gli esperimenti sul caso, gli scienziati hanno utilizzato la quantità di monossido di carbonio rilasciata dai polmoni e il team ha stabilito che gli astronauti perdono 3 milioni di globuli rossi al secondo.
L’autore principale Dr. Guy Trudel, medico di riabilitazione e ricercatore presso l’Ospedale di Ottawa e professore presso l’Università di Ottawa scrive: “L’anemia spaziale è stata costantemente segnalata e seguita quando gli astronauti sono tornati sulla Terra sin dalle prime missioni spaziali”.
Non si sapeva però in alcun modo il motivo. Inoltre lo stesso ricercatore aggiunge: “Il nostro studio mostra che all’arrivo nello spazio, vengono distrutti più globuli rossi e questo continua per l’intera durata della missione dell’astronauta”.
Problema permane anche dopo rientro sulla Terra
Il valore di riferimento sulla Terra è di circa 2 milioni di globuli rossi che vengono distrutti e creati ogni secondo. L’aumento del tasso di distruzione è parzialmente compensato dall’aumento della produzione dei globuli, altrimenti gli astronauti diventerebbero gravemente anemici.
Lo studio ha esaminato il profilo di 14 astronauti diversi. A tredici di loro è stato prelevato il sangue quando sono tornati sulla Terra e cinque di loro erano clinicamente anemici. L’anemia spaziale è stata invertita tra tre e quattro mesi per evitare problemi più gravi.
Il livello di distruzione dei globuli rossi è rimasto alto per tutti i sei mesi di permanenza in orbita ed è persistito anche una volta che gli astronauti sono tornati sulla Terra. Dopo un anno, gli astronauti stavano ancora distruggendo il 30% in più di globuli rossi rispetto ai non astronauti.
Il dottor Truder afferma: “Se riusciamo a scoprire esattamente cosa sta causando questa anemia, allora c’è la possibilità di curarla o prevenirla, sia per gli astronauti che per i pazienti qui sulla Terra”.
Prosegue ancora: “Per fortuna, avere meno globuli rossi nello spazio non è un problema quando il tuo corpo è senza peso. Ma quando atterri sulla Terra e potenzialmente su altri pianeti o lune, l’anemia che colpisce la tua energia, resistenza e forza può minacciare gli obiettivi della missione”.
Gli effetti dell’anemia si fanno sentire solo una volta atterrati e devi affrontare di nuovo la gravità. Sia gli astronauti che i turisti spaziali dovrebbero essere sottoposti a screening per le condizioni del sangue che possono essere esacerbate dall’anemia spaziale.
In conclusione, serve molto lavoro per capire esattamente di cosa si tratta e cercare di arginare l’anemia, che potrebbe diventare un serio problema visti anche i progetti di vita nello spazio che riguarderanno sempre più astronauti.